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nelle minuzie. E quando l’Arici arrivasse anche a darci un altro Tasso, non bastava quello che avevamo? Anche Giusto de’ Conti ci diede quasi un altro Petrarca, e il Sannazzaro un altro Virgi- lio, ma tutti si contentano di quel Petrarca e di quel Virgilio che c’era prima. In Italia è morta anche la facoltà d’inventare e d’immaginare che pareva e pare tuttavia così propria della nostra nazione. Seguita ad amarmi e a ricordarti del tuo buono amico. Addio.

268. A Pietro Giordani.
Recanati 17 Xbre 1819

Credeva che la facoltà di amare come quella di odiare fosse spenta nell’animo mio. Ora mi accorgo per la tua lettera ch’ella ancor vive ed opera. Bisogna pure che il mondo sia qualche cosa, e ch’io non sia del tutto morto, poiché mi sento infervorato d’af- fetto verso cotesto bel cuore. Dimmi, dove troverò uno che ti somigli? dimmi, dove troverò un altro ch’io possa amare a par di te? O cara anima, o sola infandos miserata labores1 di que- sto sventurato, credi forse ch’io sia commosso della pietà che mi dimostri perch’ella è rivolta sopra di me? Or io ne son tocco, perchè non vedo altra vita che le lagrime e la pietà, e se qual- che volta io mi trovo alquanto più confortato, allora ho forza di piangere, e piango perchè sono più lieto, e piango la miseria degli uomini e la nullità delle cose. Era un tempo che la malva- gità umana e le sciagure della virtù mi movevano a sdegno, e il mio dolore nasceva dalla considerazione della scelleraggine. Ma ora io piango l’infelicità degli schiavi e de’ tiranni, degli oppressi e degli oppressori, de’ buoni e de’ cattivi, e nella mia tristezza non è più scintilla d’ira, e questa vita non mi par più degna d’esser contesa. E molto meno ho forza di conservar mal animo contro gli sciocchi e gl’ignoranti, coi quali anzi proccuro di confondermi; e perchè l’andamento e le usanze e gli avveni- menti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo