definito de’ mali a cui andresti incontro uscendo così alla disperata.
La tua condizione non è felice: ma uno sforzo di filosofia la può sop
portare. Figurati d’essere un carcerato: ma ariosa prigione e salubre;
buon letto, buona tavola, assai libri: oh dio; ciò è ancora meno male
che non saper dove mangiare, nè dove dormire. Chi sa; forse un qualche
giorno tuo padre si piegherà: se io sapessi qual santo potesse fare que-
sto miracolo, certamente lo invocherei. Ma frattanto invoco la tua
pazienza, la tua prudenza. Cura la salute: questo è il capo principale.
Seguita tranquillamente i tuoi studi: non dubitare che un qualche dì
salterai fuori con qualche lavoro, che ti farà conoscere da tutti per
quel vero miracolo che già sei. Ottieni da te stesso di poter soppor-
tare il male, e ti si farà men crudele. Un rimedio violento, credimi,
noi guarirebbe. Credilo a me; che ho esperienza di queste miserie. Scri-
vimi o carissimo: o piuttosto fammi scrivere da Carlino, per non ti
affaticare. Salutami tanto tanto e lui e Paolina. Fatevi amorevol com-
pagnia; e qualche volta ricordatevi di me. Io ti abbraccio con tutta
l’anima senza fine. Addio amatissimo giacomino.
Sono così stordito del niente che mi circonda, che non so
come abbia forza di prender la penna p[er] rispondere alla tua
del primo. Se in questo momento impazzissi, io credo che la
mia pazzia sarebbe di seder sempre cogli occhi attoniti, colla
bocca aperta, colle mani tra le ginocchia, senza nè ridere nè pian-
gere, nè muovermi altro che pfer] forza dal luogo dove mi tro-
vassi. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche
della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo
più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più
a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la
noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera
come un dolor gravissimo; e sono così spaventato della vanità
di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte
le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori