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sodano, io vo scemando ogni giorno di vigore, e le facoltà cor- porali mi abbandonano a una a una. Questo mi consola, perchè in’ha fatto disperare di me stesso, e conoscere che la mia vita non valendo più nulla, posso gittarla, come farò in breve," per- chè non potendo vivere se non in questa condizione e con que- sta salute, non voglio vivere, e potendo vivere altrimenti, biso- gna tentare. E il tentare così com’io posso, cioè disperatamente e alla cieca, non mi costa più niente, ora che le antiche illusioni sul mio valore, e sulle speranze della vita futura, e sul bene ch’io potea fare, e le imprese da togliere, e la gloria da conseguire, mi sono sparite dagli occhi, e non mi stimo più nulla, e mi cono- sco assai da meno di tanti miei cittadini, ch’io disprezzava così profondamente. Ma quello che mi turba è il sentirti ancora travagliato della salute. Già non ti posso raccomandare che t’abbi rispetto più di quello ch’io facessi nell’ultima e in quella che s’è perduta. Voglia Dio che tutti i mali vengano sopra di me già fatto inutile a tutti, e perdonino al solo uomo ch’io conosca. Seguita ad amarmi, e accetta i saluti di Carlo e di Paolina che non ti scordano mai riè ti scorderanno. Se scrivi al Trissino, e parli al Mai, salutali da mia parte. Il Porzio di cui mi scrivi nella tua lettera, come anche il Nardi e il Compagni restano ancora intatti, perch’io non posso leggere nè scrivere nè comporre una pagina senza dolore.

238. Di Saverio Broglio d’Ajano.
Macerata 27 Luglio 18x9

Mio gentiliss.0 Prone ed Amico Padrone, pel diritto che avete sempre e che vi prego ad esercitare di comandarmi ove a nulla valessi mai. Amico, pel diritto acquisito e non mai interrotto che ho io ed hanno avuto i miei maggiori fin da quattro ed anzi cinque generazioni Leopardi all’amicizia di ogni indi- viduo della vostra famiglia. Padrone quindi ed Amico, perdonerete la familiarità con cui vi scrivo.