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sima debolezza de’ nervi oculari, che m’impedisce non solamente ogni lettura, ma anche ogni contenzione di mente. Nel resto mi trovo bene del corpo, e dell’animo, ardentissimo e dispe- rato quanto mai fossi, in maniera che ne mangerei questa carta dov’io scrivo. E quel tuo povero amico? tristi noi, tristi noi! Non ho più pace, nè mi curo d’averne. Farò mai niente di grande? nè anche adesso che mi vo sbattendo p[er] questa gab- bia come un orso? In questo paese di frati, dico proprio questo particolarmente, e in questa maledetta casa, dove pagherebbero un tesoro perchè mi facessi frate ancor io, mentre, volere o non volere, a tutti i patti mi fanno viver da frate, e in età di ventun anno, e con questo cuore ch’io mi trovo, fatevi certo ch’in bre- vissimo io scoppierò, se di frate non mi converto in apostolo, e non fuggo di qua mendicando, come la cosa finirà certissi- mamente. Alcuni giorni fa m’arrivarono da Bologna la Cronica del Com- pagni, la Vita del Giacomini, e la Congiura di Napoli.1 Ma quanto a leggergli è tutt’uno. Solamente a forza di dolore sono riuscito a leggere l’Apologià di Lorenzino de’ Medici, e confer- matomi nel parere che le scritture e i luoghi più eloquenti sieno dov’altri parla di se medesimo. Vedete se questi pare contem- poraneo di quei miserabili cinquecentisti ch’ebbero fama d’elo- quenti in italia al tempo loro e dopo, e se par credibile che l’uno e gli altri abbiano seguito la stessa forma d’eloquenza. Dico la greca e latina che quei poverelli a forza di sudori e d’affanni trasportavano negli scritti loro così a spizzico e alla stentata ch’era uno sfinimento, laddove costui ce la porta tutta di peso, bella e viva, e la signoreggia e l’adopera da maestro, con una disinvoltura e facilità negli artifizi più sottili, nella disposizione, nei passaggi, negli ornamenti, negli affetti, e nello stile, e nella lingua (tanto arrabbiata e dura presso quegli altri p[er] gli affet- tatissimi latinismi) che pare ed è non meno originale di quegli antichi, ai quali tuttavia si rassomiglia come uovo ad uovo, non solamente nelle virtù, ma in ciascuna qualità di esse. Perchè que- gli che parla di se medesimo non ha tempo nè voglia di fare il sofista, e cercar luoghi comuni, che allora ogni vena più scarsa