piare delle Canzoni. Mi scrisse molto leggiadramente e con dimo-
strazioni di fervidissimo amor patrio; sicché ti ringrazio della
sua conoscenza, ch’effettivamente è degno con pochi d’esser
conosciuto ed amato, ed uno di quelli ch’io vo cercando. Repli-
cai poco dopo, e spero che non isdegnerà il mio commercio. Dal
Brighenti in questo mezzo ho avuto parecchie lettere dove m’ac-
cenna quello che tu gli scrivi di me.
Domandi notizia de’ miei studi, ma sono due mesi ch’io non
istudio, nè leggo più niente, p[er] malattia d’occhi, e la mia vita
si consuma sedendo colle braccia in croce, o passeggiando p[er]
le stanze. I disegni mi s’accumulano in testa, ma non posso
appena raccorgli frettolosamente in carta perchè non mi cadano
dalla memoria. Ti ripeto che sto sospirando nuove di te: non
me le fare aspettare gran tempo. Ma non voglio che t’affanni
a scrivermi: benché non mi resti altra consolazione che questa,
due righe mi basteranno. Addio. Carlo e Paolina ti risalutano
e sai con che cuore. Addio. Sto qui non solamente senza un
Giornale ma senza pure una gazzetta. Ho sentito ch’un gior-
nale di Lombardia, credo la Biblioteca italiana di cui mi manca
tutto il diciotto e il corrente, abbia sparlato di me.1 Rileva ben
poco, ma in ogni modo se ne sai niente, avrò caro che me lo
scriva in due parole.
Mio amatissimo. Alle tue carissime 19. e 26. aprile risposi con una:
ebbi tuoi saluti dall’ottimo Brighenti; e due volte l’ho pregato a salu-
tarti per me. Ricevo oggi la tua 28. maggio. Mi continua quella gran
debolezza di nervi, della quale ti scrissi; e non posso riavermi; e non
posso far niente della mia testa. Sto qui aspettando tuttavia se Canova
viene: e neppur so se veramente verrà. Il giovine che pochi mesi sono
morì di 25. anni, si chiamava Conte Pompeo dal Toso. Era amatis-
simo da mio fratello; e caro a tutti che lo conoscevano; caro anche