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piare delle Canzoni. Mi scrisse molto leggiadramente e con dimo- strazioni di fervidissimo amor patrio; sicché ti ringrazio della sua conoscenza, ch’effettivamente è degno con pochi d’esser conosciuto ed amato, ed uno di quelli ch’io vo cercando. Repli- cai poco dopo, e spero che non isdegnerà il mio commercio. Dal Brighenti in questo mezzo ho avuto parecchie lettere dove m’ac- cenna quello che tu gli scrivi di me. Domandi notizia de’ miei studi, ma sono due mesi ch’io non istudio, nè leggo più niente, p[er] malattia d’occhi, e la mia vita si consuma sedendo colle braccia in croce, o passeggiando p[er] le stanze. I disegni mi s’accumulano in testa, ma non posso appena raccorgli frettolosamente in carta perchè non mi cadano dalla memoria. Ti ripeto che sto sospirando nuove di te: non me le fare aspettare gran tempo. Ma non voglio che t’affanni a scrivermi: benché non mi resti altra consolazione che questa, due righe mi basteranno. Addio. Carlo e Paolina ti risalutano e sai con che cuore. Addio. Sto qui non solamente senza un Giornale ma senza pure una gazzetta. Ho sentito ch’un gior- nale di Lombardia, credo la Biblioteca italiana di cui mi manca tutto il diciotto e il corrente, abbia sparlato di me.1 Rileva ben poco, ma in ogni modo se ne sai niente, avrò caro che me lo scriva in due parole.

233. Di Pietro Giordani.
Vicenza 4. giugno [1819]

Mio amatissimo. Alle tue carissime 19. e 26. aprile risposi con una: ebbi tuoi saluti dall’ottimo Brighenti; e due volte l’ho pregato a salu- tarti per me. Ricevo oggi la tua 28. maggio. Mi continua quella gran debolezza di nervi, della quale ti scrissi; e non posso riavermi; e non posso far niente della mia testa. Sto qui aspettando tuttavia se Canova viene: e neppur so se veramente verrà. Il giovine che pochi mesi sono morì di 25. anni, si chiamava Conte Pompeo dal Toso. Era amatis- simo da mio fratello; e caro a tutti che lo conoscevano; caro anche