ziale e necessario, molto più che in cento altre minuzie nelle
quali poniamo lo studio principale. E fra tanto l’eloquenza ita-
liana, e la poesia veramente calda e gravida di sentimenti e di
affetti sono cose ignote, e non si trova letterato italiano ch’ab-
bia fama oltre l’alpi, quando sentiamo di tanti stranieri famosi
in tutta l’europa. Ma V. S. dice ottimamente che allora avremo
gran poeti quando avremo gran cittadini, ed io soggiungo che
allora parimente avremo eloquenza, e quando avremo eloquenza
e libri propriamente italiani e cari a tutta la nazione, allora ci
sarà concessa qualche speranza. Ora in tanta rarità di cittadini
e però di persone atte all’eloquenza e alla poesia fervida e gene-
rosa io non vorrei che V. S. che mi si dimostra l’uno de’ princi-
pali, tenesse oziosa la sua penna quando ogni nostra confidenza
è riposta negli scritti. E s’accerti V.S. che se m’hanno riscal-
dato le sue sole parole, non potrà fare che l’esempio non m’ac-
cenda. Il quale desidero ardentemente e supplico V.S. che mi
faccia vedere, e vedutolo, bramo che venga seguitato da molti,
perchè quanto maggiore sarà il numero degli scrittori tanto le
speranze saranno più ragionevoli: ma da uno solo o da pochi
per quanto siano eccellenti non è facile che nascano grandi effetti.
V.S. nella gentilissima sua m’ha quasi invitato ch’io le tor-
nassi a scrivere, e da questa s’avvedrà ch’io non ho fatto il sordo
anzi sono stato molto diligente in raccogliere e interpretare le
sue parole. Ma quando franchezza e noia della presente la sfor-
zassero a pentirsi dell’invito fattomi, la prego almeno che non
si penta dell’amore che m’ha concesso e non lasci per nessuna
cagione d’avermi in conto di suo
ecc.
Vicenza 24. maggio [1819I |
Mio Carissimo. Ti scrissi poco dopo il mio arrivo qui; cioè poco
dopo la metà di Aprile. Nè so ancora se quella mia ti è arrivata. Qui