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222. Di Giuseppe Montani.
Lodi 5. Maggio 1819.

Egregio Sig. Conte Senza la sollecitudine del buon Giordani, io vivrei ancora nel desi- derio delle sue magnanime Canzoni, che quasi sapessero d’aver presa falsa via, non vollero ubbidirla e venire sino a me. Strascinate però da tal uomo si lasciarono vedere per un momento; e tanto bastommi perch’io ne rimanessi infiammatissimo, e prendessi ad amarne alta- mente l’Autore. Lascio tutte le doti poetiche, che in loro si trovano, e il linguaggio gravissimo or quasi più non conosciuto fra noi. Ciò che parmi in esse ancor più raro è la patria carità che le spira, e mi con- ferma nella opinione, che allora avremo grandi poeti quando avremo gran cittadini. Ma questo tempo felice, di cui abbiamo veduto com- parire e scomparir tosto l’aurora, è più che mai lontano da noi. Però tanto più ammirabile chi nella presente bassezza fa udir voci generose e piange, altro non potendo, la nostra indegnissima servitù, sicché a tutti ne incresca e andiamo almeno assoluti dalle colpe della Fortuna! Ella ha ancora una lunga carriera a percorrere; nè potea cominciarla, per ciò che riguarda la sua fama, con migliori auspici. La poesia è oggi più che mai chiamata ad adempiere un difficile e glorioso ministero. Ella ha mostralo di intenderlo ottimamente, e credo che tutti il senti- ranno al pari di me. Ad abbellire i piaceri di un serraglio basteranno voci d’eunuchi; a’ nazioni memori della loro libertà e tendenti a ricu- perarla voglionsi accenti maschi, che le rinnovino e ne risveglino le virtù. Ciò da tutti si comprende, ma da pochissimi si ardisce sovve- nire a così grave bisogno, sia che le tristi esperienze non lascino alfine veruna speranza, sia che il diuturno giogo comprima ogni nobile movi- mento. La gioventù più confidente, e tutta intera nelle sue forze, anzi ricca di quelle accumulate del tempo antecedente deve sottentrar nel- l’impresa, e guadagnar coll’impeto egualmente che colla fermezza. Ella si ricordi che a nessuno, quasi, staremo così attenti come a lei. Io la conosceva da qualche anno per varie pulite versioni dal greco portate ne’ nostri giornali. Ma oltreché a simili cose, ove altro non le raccomandi, si bada oggi assai mediocremente; quella tanta dottrina delle note avea a me indottissimo fatto spavento; e chi potea poi indo- vinarne il giovane quadrilustre, che or ci canta dell’Italia e di Dante