222. |
Di Giuseppe Montani. |
|
Egregio Sig. Conte
Senza la sollecitudine del buon Giordani, io vivrei ancora nel desi-
derio delle sue magnanime Canzoni, che quasi sapessero d’aver presa
falsa via, non vollero ubbidirla e venire sino a me. Strascinate però
da tal uomo si lasciarono vedere per un momento; e tanto bastommi
perch’io ne rimanessi infiammatissimo, e prendessi ad amarne alta-
mente l’Autore. Lascio tutte le doti poetiche, che in loro si trovano,
e il linguaggio gravissimo or quasi più non conosciuto fra noi. Ciò che
parmi in esse ancor più raro è la patria carità che le spira, e mi con-
ferma nella opinione, che allora avremo grandi poeti quando avremo
gran cittadini. Ma questo tempo felice, di cui abbiamo veduto com-
parire e scomparir tosto l’aurora, è più che mai lontano da noi. Però
tanto più ammirabile chi nella presente bassezza fa udir voci generose
e piange, altro non potendo, la nostra indegnissima servitù, sicché a
tutti ne incresca e andiamo almeno assoluti dalle colpe della Fortuna!
Ella ha ancora una lunga carriera a percorrere; nè potea cominciarla,
per ciò che riguarda la sua fama, con migliori auspici. La poesia è oggi
più che mai chiamata ad adempiere un difficile e glorioso ministero.
Ella ha mostralo di intenderlo ottimamente, e credo che tutti il senti-
ranno al pari di me. Ad abbellire i piaceri di un serraglio basteranno
voci d’eunuchi; a’ nazioni memori della loro libertà e tendenti a ricu-
perarla voglionsi accenti maschi, che le rinnovino e ne risveglino le
virtù. Ciò da tutti si comprende, ma da pochissimi si ardisce sovve-
nire a così grave bisogno, sia che le tristi esperienze non lascino alfine
veruna speranza, sia che il diuturno giogo comprima ogni nobile movi-
mento. La gioventù più confidente, e tutta intera nelle sue forze, anzi
ricca di quelle accumulate del tempo antecedente deve sottentrar nel-
l’impresa, e guadagnar coll’impeto egualmente che colla fermezza. Ella
si ricordi che a nessuno, quasi, staremo così attenti come a lei.
Io la conosceva da qualche anno per varie pulite versioni dal greco
portate ne’ nostri giornali. Ma oltreché a simili cose, ove altro non
le raccomandi, si bada oggi assai mediocremente; quella tanta dottrina
delle note avea a me indottissimo fatto spavento; e chi potea poi indo-
vinarne il giovane quadrilustre, che or ci canta dell’Italia e di Dante