gogna la prefazione, ch’è in uno stile infernale, e al tutto da
fanciullo; e però la prego istantemente che si compiaccia di sal-
tarla di netto e non darle neppure un’occhiata. Del restante faccia
quello che le sarà in grado.
Che quando V.S. scriveva non le fosse ancora capitato il
libricciuolo ch’io le mandai coll’altra mia4 parimente per la
posta, non mi fa maraviglia, non essendoci posta più sregolata
di quella che porta i dispacci di questa provincia. Che quando
le sarà giunto, se però non è smarrito, si voglia dar pensiero
di scrivermene, lo riconosco fin d’adesso dalla sua cortesia. Alla
quale mi raccomando perchè V.S. mi conservi la sua benevo-
lenza, e mi perdoni la lunghezza di queste ciance, incolpandone,
piuttosto che nessun’altra cosa, la stima segnalatissima e l’affe-
zione che mi fanno
Suo Dvmo Obblmo Sfe. Giacomo Leopardi |
Signor Conte mio Carissimo. Io non so veramente se mi con-
venga di usurparmi quella licenza, che in voi con me non è altro
che diritto, dico di trattarvi con quella familiarità colla quale
vedete che incomincio. Ma comandandomi ch’io vi scriva libe-
ramente, e mostrandovi così nemico delle cerimonie, s’io mi
tenessi soltanto alla verecondia, credo che vi parrei disubbidiente
e fastidioso, e quel ch’è peggio vi darei in questi principii cat-
tivo segno del cuore e dell’indole mia. E questo anche sarebbe
falso, mentre io, fuor ch’a voi se volete, non cedo a nessun altro
in odiare queste sciagurate cerimonie che ci tolgono o difficul-
tano l’una delle massime consolazioni che ci sieno concesse in
questa misera vita, e voglio dir quella del manifestarsi e diffon-
dersi i cuori sensitivi gli uni negli altri. Dei quali sapete ben
voi quanti n’occorrano in questi tempi, Conte mio caro, poi-