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187. Di Giovan Battista Niccolini.
Firenze 22 Febbraio 1819.

Pregiatisi’0 Sig.re Attribuisco alla sua bontà le lodi delle quali V.S. m’è sì cortese nella sua lettera,1 e alla sua modestia il sentire tanto umilmente di se stesso. Il mio nome, e con ragione, risuona così poco in Italia che non so come possa essere giunto costà, se non portatovi dalla gentilezza di qualche amico: prenderò quindi i suoi elogi per augurj, e m’affati- cherò per avverargli quando che sia. Io gli sono obbligatissimo del suo libro: e l’orgoglio sarebbe uguale in me all’ingratitudine s’io non l’avessi letto. Ah signore la mia coscienza letteraria non mi concede d’essere tanto superbo: e foss’io quello che pur troppo io so di non essere, me 10 vieterebbe sempre il mio cuore. Le dico dunque che ho letto e con sommo piacere le sue Canzoni, e particolarmente nella prima di esse, 11 Canto di Simonide: parmi che la bellezza dello stile s’accoppj mira- bilmente nei suoi versi alla dignità dei sentimenti. Gli applaudirà con tutta l’anima ogni generoso Italiano. Vorrei dirle di più su questo pro- posito: ma finirò con questo verso di Dante Se’ savio, e intendi me’ ch’io non ragiono.2 Io mi pregierò sempre d’essere

Suo Obblmo Servo, ed ammiratore
Gio. Batta Niccolini
188. Di Bartolomeo Borghesi.
[Roma 24 Febb° 1819]

Pregmo Signore Tante cose mi erano state dette dell’ingegno di V. S. da molti miei amici, e segnatamente dall’Avv0 Giordani, dall’Ab1' Cancellieri, e dal Co1' Cassi, che io me n’era già formato un altissimo concetto, quan- tunque mi fosse negata la fortuna di conoscerla personalmente. E que- sto sentimento è venuto poi radicando e crescendo nell’animo mio di mano in mano che le cose da lei pubblicate colla stampa mi sono capi-