Ma che? Lo dico, o taccio? Sicuramente che voglio dirlo. Ilo
io da sapere che abbiate pubblicata un’opera nuova prima
d’averla in mano? E saperlo da altri che da voi? Non mi porto
io così, che avendo pubblicata quella bazzecola, ve n’ho scritto
più volte e più cose ch’io non arrivo a contarne. Basta: aspetto
da voi il primo discorso sui dipinti d’Innocenzo Francucci. Sapete
bene qual’ è la condizione di questo luogo, che s’io lo commet-
tessi a Milano, passerebbero mesi e anni prima ch’io lo rice-
vessi. Però l’aspetto da voi.
Manderò la copia che mi dite al Professor Montani. Paolina
vi risaluta di cuore. Io m’avvedo ch’è tempo di finirla, e non
mi ci so ridurre. Conviene ch’io mi faccia forza, ed è già tardi,
perchè se la vostra pazienza non è soprumana, io senza fallo
debbo averla stancata. V’abbraccio strettamente anche da parte
di Carlo, e resto il vostro svisceratissimo e ardentissimo amico.
Addio, addio.
In questo punto ho da Roma una nuova che mi contrista
assaissimo, recando la morte subitanea dello svedese Acherblad
che già conoscerete p[er] l’uomo più dotto che fosse colà, dal
quale, avendo qualche amicizia con lui, poteva sperare d’impa-
rar molte cose.
[Recanati 19 Febbraio 1819] |
Stimatissimo Sig. Professore.
Il mio nome sarà nuovo senza fallo a V. S. ma perchè il suo
non potrebbe arrivar nuovo a nessun italiano, per questo io,
desiderando vivamente da molto tempo la sua conoscenza, alla
fine mi sono indotto a scriverle, vincendo il timore e la ripu-
gnanza che mi dava la cognizione della mia piccolezza, e spe-
rando che la bontà, la quale so che in V.S. sta del pari colla
dottrina, mi perdonerà e forse anche gradirà questa mia confi-