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Ma che? Lo dico, o taccio? Sicuramente che voglio dirlo. Ilo io da sapere che abbiate pubblicata un’opera nuova prima d’averla in mano? E saperlo da altri che da voi? Non mi porto io così, che avendo pubblicata quella bazzecola, ve n’ho scritto più volte e più cose ch’io non arrivo a contarne. Basta: aspetto da voi il primo discorso sui dipinti d’Innocenzo Francucci. Sapete bene qual’ è la condizione di questo luogo, che s’io lo commet- tessi a Milano, passerebbero mesi e anni prima ch’io lo rice- vessi. Però l’aspetto da voi. Manderò la copia che mi dite al Professor Montani. Paolina vi risaluta di cuore. Io m’avvedo ch’è tempo di finirla, e non mi ci so ridurre. Conviene ch’io mi faccia forza, ed è già tardi, perchè se la vostra pazienza non è soprumana, io senza fallo debbo averla stancata. V’abbraccio strettamente anche da parte di Carlo, e resto il vostro svisceratissimo e ardentissimo amico. Addio, addio. In questo punto ho da Roma una nuova che mi contrista assaissimo, recando la morte subitanea dello svedese Acherblad che già conoscerete p[er] l’uomo più dotto che fosse colà, dal quale, avendo qualche amicizia con lui, poteva sperare d’impa- rar molte cose.

183. A Filippo Schiassi.
[Recanati 19 Febbraio 1819]

Stimatissimo Sig. Professore. Il mio nome sarà nuovo senza fallo a V. S. ma perchè il suo non potrebbe arrivar nuovo a nessun italiano, per questo io, desiderando vivamente da molto tempo la sua conoscenza, alla fine mi sono indotto a scriverle, vincendo il timore e la ripu- gnanza che mi dava la cognizione della mia piccolezza, e spe- rando che la bontà, la quale so che in V.S. sta del pari colla dottrina, mi perdonerà e forse anche gradirà questa mia confi-