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175. A Pietro Giordani.
Recanati 12 Febbraio 1819.

Mi dolgono eccessivamente, o mio carissimo, le vostre bri- ghe, e più le malinconie, ch’io non vorrei mica accrescere colla noia delle mie lettere. Perciò sarò breve, massimamente che quello ch’io vi voleva scrivere, non era tanto in generale della prosa italiana, quanto in particolare di alcuni miei disegni intor- no al comporre certe operette, àXX’, ol(xou eXeu^epicorépat; rj ax; àacpaXèc; elvou 7r:epi aùttòv aacpcò? ÈTcìaxéXXeiv.' E già quello stesso libretto ch’io v’ho spedito due volte inutilmente, appena mi si lascia credere che si sia smarrito l’una e l’altra volta, quando so che a Roma s’è dovuto stentare assai per carpirgli un impri- matur. Non so se avrò fatto niente mandandone un’altra copia a Milano per voi, che di là vi sia spedita a Piacenza. Ma caso che questo non giovi, troverò, anzi ho già trovato un altro mezzo di farvene avere a dispetto del diavolo. Sotto fascia erano e la copia stampata slegata e scoperta, e il ms. coperto in forma di stampa. Errori si può dire che non ce ne sono, salvo parecchie scorrezioncelle venute dalla maniera di scrivere di un letterato Romano che ha emendato la stampa.2 Ma le ho tolte via di mio pugno, secondo che mi dite. Siccome, contro quello che vi scrissi l’ultima volta, mi sono risoluto di pubblicare i miei versi, parte perchè venute da Roma alcune copie legate, non mi sono parse tanto vergognose, e ho trovato che le copie in carta velina erano tutt’altra cosa da quella che m’aveano mandata per tale, e ch’io v’aveva spedita; parte perchè avendo saputo che la stampa era disseminata in Roma, e venuta nelle mani del Perticari, non ho potuto fare a meno di mandarla al Monti; così vorrei che m’in- segnaste quello ch’io vi pregava nella mia dei 14 Xbre, cioè che cosa potrei fare delle copie le quali fo che aspettino in Roma, eccetto alquante che mi son fatte venire, come ho detto, e in che modo potrei conseguire il fine della stampa, ch’è il divulgarle. I miei studi, giacché me ne domandate, sono gli ordinari.