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V. S. dovrebbe giudicarmi poco perito dell’uso de’ vocaboli s’io lo chiamassi dono. Ma quantunque non sia dono, Ella s’accerti che nemmeno è capitale dato ad usura, come sogliono dare i libri loro la maggior parte delle persone, esigendo se non altro che siano letti. Ora io so bene che non potrei chiedere a’ pari suoi cosa più grave che la lettura d’un mio scritto. Perciò non le domando se non ch’Ella si compiaccia di non rigettarlo, e di tenerlo, piuttosto come segno di riverenza che d’ardire usato nell’offrirle cosa tanto spregevole. E l’obbligo mio crescerà infi- nitamente se insieme colla stampa V.S. non si sdegnerà d’ac- cettare anche me per quello che già le sono da molto in qua col desiderio, e sarò per l’avvenire coll’effetto, purché Ella me lo consenta; io dico per suo

Dmo Obblmo S.rc
Giacomo Leopardi

Recanati 8 Febbraio 1819.

174. A Giulio Perticare.
[Recanati 8 Febbraio 18x9]

Stimatissimo Sig. Conte M’è accaduto parecchie volte di parlare con persone che sapendo quanto ardentemente io desideri, non dico l’amicizia che dev’essere fra gli uguali, ma la conoscenza di quei rarissimi italiani viventi che dalla posterità saranno messi nella gloria delle lettere a paro cogli antichi, m’hanno domandato s’io le avessi mai scritto, e si sono maravigliati della negativa, e molto più sentendo ch’io n’aveva infinito desiderio; perchè siccom’erano consapevoli della soavità de’ suoi costumi, e particolarmente dell’eccellenza del suo cuore, non vedevano che cosa mi potesse ritenere dal soddisfarmi. Onde io finalmente mi sono vergo- gnato che avesse più forza in me la considerazione della bas- sezza mia che della sua benignità, ed ho creduto di farle ingiu- ria, stimando quella tanto grande che questa non fosse maggiore.