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ai continui e vivissimi stimoli degli amici, quanto per respirare un poco, allontanandomi alquanto dalla cagione della malinconia fierissima, che mi trucidava. E parmi bene che io vi scrivessi del mio vicino partire. Io volevo stare pochissimi giorni a Milano, perchè i miei affari mi vole- vano qui: ma con grandissima fatica mi è stato possibile il partir tardi, dopo mille giuri di ritornarvi. Qui trovo due vostre carissime. La prima dei 27. novembre se non tardava 15. giorni per la strada, vedete ch’io poteva riceverla prima di partire: l’altra è dei 14. decembre. Del Manoscritto voi mi parlate è vero, ma non dite mai che cosa sia. Vero è che dite esser breve; ed argomento quindi che sia poesia; come vostro poi so di certo dover esser bello. Circa il dedicarlo a Monti, non aspettate già la espressa licenza. Io gliene scrivo: ma so che senza alcun limite posso disporre di lui; onde avendo questa licenza da me, fate conto esser più che se l’aveste da lui stesso; nè perciò state a per- der tempo. Nella seconda lettera mi accennate che se il manoscritto non passa a Roma, lo manderete a me. Qui dai 14. decembre in qua non si è veduto nulla. Come va dunque la cosa? E passato in Roma? è tor- nato a smarrirsi sulla infausta via per Piacenza? Circa il diffonderlo per l’Italia; vi scriverò quando mi direte che sia stato stampato, e dove. Il Cavaliere Dionigi Stracchi sta l’inverno in Bologna, e l’estate in una sua villa del Faentino. Il Cavaliere Andrea Mustoxidi intesi a Milano che ora sia a Vienna. Il Cavaliere Carlo Rosmini è sempre in Milano. In Milano potrete anche cercare la corrispondenza dell’Av- vocato Francesco Reina (l’editore del Parini) possessore di una superba libreria, cortese persona e colta. In Bologna il Marchese Massimiliano Angelelli, il Professore Filippo Schiassi, il Bibliotecario Giuseppe Mez- zofanti, il Conte Giovanni Marchetti, in Cesena il Conte Giovanni Roverella, in Roma il Conte Giulio Perticari, Bartolommeo Borghesi (il primo antiquario d’Italia) in Firenze Nicolini Segretario dell’Acca- demia di Belle Arti, in Torino l’Abate Peyron, e il Signor Grassi, son tutte persone valenti, e degne che la conoscenza loro sia desiderata: in Vicenza il Conte Leonardo Trissino; al quale ho parlato moltissimo di voi. De’ miei dubbi e lamenti che poco mi amaste e mi curaste, ne abbia pur tutto l’odio il vero colpevole, cioè la posta. Io confesso che errai mostrandomi modìcae fidei. Ma vedete bene che con un poco di mode- stia non può l’uomo credersi necessariamente amabile. Vero è che segui- tando a fondarmi poco sui meriti miei, devo e voglio avere infinita fiducia nella vostra bontà. Dunque su di questo sia fatta ed immuta-