giva che faceste stampare a Piacenza o dove meglio vi fosse
parato, e siccome era dedicato al Monti, che m’otteneste licenza
ila lui di pubblicarlo così, che io gliene avrei scritto, stampato
che fosse, nel mandargliene copia. La negligenza delle poste v’ha
liberato dal fastidio del primo uffizio, ma non del secondo, per-
ch’io fatto ricopiare il libricciuolo, l’ho mandato a Roma, dove
credo che sia stampato, a cagione che, come vedete, è molto
tempo che ve n’ho scritto. Ma in tutti i modi, non farò che si
pubblichi, se prima non avrò risposta da voi su questo partico-
lare del Monti. Vorrei ancora che mi diceste, se ottenendo la
licenza che ho detto, conviene che gliene mandi copia p[er]
la posta, o vero in qualche altro modo, e se una o più, perchè
io di tutte le cose librarie, e degli uffizj letterari sono più che
ignorantissimo. Altre cose che vorrei sapere in ordine a questo
ms. ve le ho specificate già fastidiosamente in una mia dei 14
che risponde alla vostra dei 19 del passato; le quali non replico
perchè spero che questa seconda lettera vi debba aspettare a
Piacenza, o vi sia stata renduta costì.
Carlo, e, oltre a lui, mia sorella vi salutano cordialmente e
vi desiderano il buon anno. Io v’amo e v’abbraccio. Godetevi
cotesta città, e vi giovi, se può, a spogliarvi della malinconia,
come avrei ben caro. Addio. Addio.
Caro Nepote
La vostra lett.a dei 18 cor.lcl rende troppo palese la verità dell’as-
sioma «che la nostra immaginazione è la fucina dei nostri tormenti».
Tale però essa diviene ove la ragione poco coltivata, non ha forze per
dominarla. Come mai dunque si avvera il fatto anco in voi, che con
tanti presidi di buoni studi l’avete coltivata fin dall’infanzia? Io vi
confesso caro Nepote, che non so come spiegare questo fenomeno se
non coll’altro parimenti assai conosciuto «che l’uomo è un impasto
di contradizzioni [sic]». L’abbattimento del vostro spirito per trovarvi