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giva che faceste stampare a Piacenza o dove meglio vi fosse parato, e siccome era dedicato al Monti, che m’otteneste licenza ila lui di pubblicarlo così, che io gliene avrei scritto, stampato che fosse, nel mandargliene copia. La negligenza delle poste v’ha liberato dal fastidio del primo uffizio, ma non del secondo, per- ch’io fatto ricopiare il libricciuolo, l’ho mandato a Roma, dove credo che sia stampato, a cagione che, come vedete, è molto tempo che ve n’ho scritto. Ma in tutti i modi, non farò che si pubblichi, se prima non avrò risposta da voi su questo partico- lare del Monti. Vorrei ancora che mi diceste, se ottenendo la licenza che ho detto, conviene che gliene mandi copia p[er] la posta, o vero in qualche altro modo, e se una o più, perchè io di tutte le cose librarie, e degli uffizj letterari sono più che ignorantissimo. Altre cose che vorrei sapere in ordine a questo ms. ve le ho specificate già fastidiosamente in una mia dei 14 che risponde alla vostra dei 19 del passato; le quali non replico perchè spero che questa seconda lettera vi debba aspettare a Piacenza, o vi sia stata renduta costì. Carlo, e, oltre a lui, mia sorella vi salutano cordialmente e vi desiderano il buon anno. Io v’amo e v’abbraccio. Godetevi cotesta città, e vi giovi, se può, a spogliarvi della malinconia, come avrei ben caro. Addio. Addio.

161. Di Carlo Antici.
Roma 30 Dee. 1818

Caro Nepote La vostra lett.a dei 18 cor.lcl rende troppo palese la verità dell’as- sioma «che la nostra immaginazione è la fucina dei nostri tormenti». Tale però essa diviene ove la ragione poco coltivata, non ha forze per dominarla. Come mai dunque si avvera il fatto anco in voi, che con tanti presidi di buoni studi l’avete coltivata fin dall’infanzia? Io vi confesso caro Nepote, che non so come spiegare questo fenomeno se non coll’altro parimenti assai conosciuto «che l’uomo è un impasto di contradizzioni [sic]». L’abbattimento del vostro spirito per trovarvi