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156. Di Carlo Antici.
Roma 9. Decembre 1818.

Mio Carsmo Nepote Scusate se affido ad altrui mano l’incarico di tracciarvi i miei pen- sieri: così voi nel leggermi1 ed io nello scrivervi avremo minor fatica, senza porre nel menomo dubbio la segretezza dei nostri trattenimenti. Dopo le più appurate indagini, ho verificato che nella Bibblioteca [szcl Vaticana non vaca alcun posto secondario, vaca bensì il primo il di cui emolumento si ristringe all’alloggio ed a scudi venticinque il mese. Molti Uomini di età provetta, e che qui si sono fatti un nome vi con- corrono, ma il Governo lo ha offerto al vostro Maj. Questo cerca di negoziare assai bene il nome che si è fatto colla scoperta dei noti Codici, e forse non saranno rigettate le sue domande. Ma quando ancora il Governo le trovasse inammissibili, io non saprei consigliarvi di esporvi al concorso cogli altri per le seguenti ragioni. Costoro o sono già da molti anni impiegati nella Vaticana, o sono qui in fama di molta espe- rienza nelle materiali cognizioni dei Codici polverosi e delle squallide pergamene. Avranno Essi un corredo di erudizione e di lettura assai inferiore della vostra, ancorché essi triplichino la vostra età; ma hanno a favor loro appunto la prevenzione dell’età, che è tutta contro di voi, e la prattica della professione, che se non può mettersi in alcun con- fronto coll’importanza ed elevatezza dei vostri studj, somministra peral- tro i mezzi opportuni per ben corrispondere all’incarico. Quando io ho voluto un esperto Fattore per presiedere ai Beni di S. M.a in Potenza che tengo in affitto, non vi ho chiamato nè il P. Casser, nè il P. Colizzi, ma F. Matteo Conocchiaro. Temerei perciò che se io vi suggerissi di porvi fra gl’Aspiranti all’impiego di Custode della Vati- cana, vi esponessi ad una sicura ripulsa. Piuttosto io credo di rendervi maggior servizio, stando in attesa della vacanza di un secondo posto nella Vaticana per avvisarvi a domandarlo, indicandovi ancora i mezzi che mi sembrano efficaci all’intento. Volete però intanto aprirvene la strada ampia e sicura, lasciate ogn’altra vostra letteraria fatica, e ponete soltanto ogni cura a continuare l’incominciata traduzione del- l’Odissea. Questo lavoro merita ogni vostro sforzo, e può procurarvi quella fama, che da cento altri non potete assolutamente sperare. Cedete una volta alle insinuazioni di chi vi parla con ingenua amore- volezza, e col sentimento di avveduti Letterati.2 Dite al nostro Carlo (il Lamotte della letteratura moderna, come