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somnus. In un’altra edizione trovo: latinaeque o litterae; in un’al- tra: deinde per y etc. sumpnus; come appunto io vi diceva che doveano avere scritto anticamente; sumnus o sumpnus ch’è tut- ! 'uno (come dompnus de’ tempi barbari è lo stesso che domnus) in vece di somnus venuto poi, come volgus per vulgus, che forse vulgus è più antico di volgus, comunque si creda l’opposto; ma checché sia non rileva presentemente. Questo perchè crediate alla ispirazione indovinatoria, e a quella certezza intima, che per quanto non si possa trasfondere facilmente in altrui, con tutto questo è fortissima, e nasce da una gagliarda apprensione di certe probabilità, la quale ci farebbe giurare che la cosa sta così, nonostante che non se ne possa portare nessuna prova irre- pugnabile. Noi stiamo qui meno scontenti di quello ch’io vi scriveva nell’ultima che non v’è capitata, perchè nostro padre ha fatto men cattiva cera che non avevamo creduto al nostro disegno/ il quale ancora non si può dire che sia disperato; io dico quello del quale parlammo insieme. Il Mse Antici è tornato a Roma con tutta la sua famiglia, e tutti i fratelli, e la sorella vedova, e tutta la famiglia e tutti i figli della sorella che lasciando reca- nati hanno pianto di cuore. Così va bene. Addio, carissimo. Per- donate la lunghezza di questa lettera. Nè pregarvi che ci amiate nè dirvi che v’amiamo supremamente non può essere altro che superfluo. Addio. P.S. La mia dei 19 8bre non rispondeva alla vostra ultima di Bologna, come è detto di sopra, ma la scrissi e mandai alla posta, poco avanti che m’arrivasse la vostra ritardata.

152. Di Pietro Giordani.
Piacenza 15. Novembre [1818]

Miei amatissimi Giacomino e Carlino. Dopo la lettera vostra, alla quale si degnò di aggiungere il vostro Signor Padre,1 e alla quale