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la vostra malinconia, e io dall’espressione di lei meno dolore. La vostra dei 2. marzo mi fa pensare e parlare così. Ad ogni modo, contra que- sto male, che è il più fiero di tutti, bisogna armarsi; e resistergli, e impedirgli i progressi, e vincerlo (chè è vincibile) e liberarsene. Ma, come fare? direte voi. Benché io sia stato malinconico al pari di voi, ed ora non sia allegro; ho nondimeno grande speranza di potervi con- fortare e consolare, e farvi trovare il vigore per superare questa malattia. Una certa disposizione malinconica è naturale agl’ingegni, ed è neces- saria al far cose non ordinarie: ma l’eccesso uccide. E dovrebb’esser cura degli educatori l’impedirla; chè per lo più l’educazione la fa ger- mogliare, o anche la inserisce negli animi. Nulladimeno è manco male che abbiate a combattere una malattia, piuttosto che de' vizi. Credia- temi che guarirete; e tanto che vi ricorderete poi con maraviglia il pas- sato. Intanto abbiatevi cura: fate moto, prendete aria; e non v’immer- gete tanto negli amari pensieri. Certo il muovervi di costà un poco mi pare necessario: vedremo se si potrà ottenerlo. Non v’ingannate nò credendomi cordialissimo ed immutabile amico, secondo tutto il valore ch’ebbe questa parola in altri tempi. Io vi sarò amico per tutta la vita: e non lascierò altro che l’impossibile a tentare, di tutto quello che potesse giovarvi, o ragionevolmente piacervi. E quantunque io sap- pia ch’io non posso niente, e voi meritate ogni cosa; nondimeno così conosco gli uomini, ch’io vi riputerei di rara fortuna se in trent’anni trovaste altri due amici d’animo uguale. Ma io spero che piglierete tanto vigore, che basterete a voi stesso. Bisogna ora sopra tutte le cose cercare forze al corpo; la cui debolezza atterra gli spiriti. Parlando col Mai della vostra lettera Dionisiana, mi disse che l’Acerbi non pensava di poterla stampare per la copia di greco; e che questa ragione distorrebbe anche lo Stella; il cui stampatore è sprov- vedutissimo di que’ caratteri: e poi s’imbrogliano i compositori che niente non sanno. Io ho pensato che nè questa nè tante altre fatiche vostre bellissime debbano seppellirsi. Quando saremo insieme vi esporrò il mio disegno, di raccoglierle tutte, e rivederle con voi; io poi avrò cura di farle stampare unite, come saggio di maravigliosi studi d’un giovane: e faremo un libretto rispettabile, e non perituro. Ne discorreremo insieme; e spero che sarà con vostra soddisfazione. Mi rattrista la necessità di tardare la mia venuta, e di non potere correr subito portando un poco di refrigerio al purgatorio d’un’anima dolcissima. Tanto è l’amore e il desiderio, che mi fa credere dovervi pur essere di consolazione la mia presenza. Oh Giacomino mio, quanto