Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/298

garvi che salutiate da mia parte il nostro caro Mai. Della tradu- zione di cui mi domandate, nondum matura res est, io non dico dell’opera che nè meno è cominciata, ma del pensiero, laonde non ve ne posso dir nulla, non essendo pure ben risoluto di quello che tradurrei.1 E in oltre mi pare d’essermi accorto che il tra- durre così per esercizio vada veramente fatto innanzi al com- porre, e o bisogni o giovi assai p[er] divenire insigne scrittore, ma che per divenire insigne traduttore convenga prima aver com- posto ed essere bravo scrittore, e che in somma una traduzione perfetta sia opera più tosto da vecchio che da giovane. Sì che vedete che non sono manco ben certo se tradurrò. Il trattato cominciato e poi piantato era degli errori popolari degli antichi, intorno ai quali ho un tomo di materiali accozzati qualche anno fa: ma questo è poco o nulla, perchè quasi mi dovrà essere più difficile lo scegliere che non fu l’accumulare. Del trattato pro- prio non ho scritto altro che poche carte. Seguita la difesa di Giacomo Leopardi accusato di politica ragazzesca verso un amico. Io non so veramente come domine vi sia potuto cascare in testa di mettervi in parata p[er] una frase innocentissima ch’io aveva usata nè più nè meno p[erl signifi- care il tempo in cui avea segnate quelle cosucce ne’ vostri arti- coli. Mettetevi un poco ne’ miei panni e siate contento di dirmi come avreste scritto voi p[er] esprimere questo tempo. Quando io non vi conosceva, no, perchè di persona nè anche adesso vi conosco, di fama e di scritti anche allora vi conosceva. Quando io non v'amava, nè pure, perchè sarebbe stata una bugia, aven- dovi amato così tosto come vi conobbi. Come dunque? Quando voi non mi amavate, o prima eh ’io vi scrivessi, o prima di ricevere la vostra prima Ietterai Sarebbero state frasi più goffe ch’io non so dire. Dunque scrissi: quando io v'amava meno che ora non fo: evi prometto che appunto questo discorso che v’ho raccon- tato fece l’intelletto mio nello scegliere questa frase. Ma quando mi fosse dispiaciuto, come voi credete, d’aver notati quei vostri (che voi chiamate) errori, vorrei pur sapere che cosa mi forzava di confessarvi questo peccato, e p[er] soprappiù di promettervi che quelle osservazioncelle ve le avrei o scritte o dette a voce.