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sone, che pur sinceramente mi credono un coglione: figuratevi se può offendermi alcuno per non adottare un qualche mio pensieruzzo. Avete poi fatto bene a narrarmi così lepidamente lo stato vostro: onde evi- terete che io vi dia brighe, come avrei sempre fatto, credendovi l’ora- colo della Marca: ma anche il Messia quando era piccolino, non era molto ascoltato da suoi patriotti. Riveritemi il Signor Padre, salutatemi il fratelloccio; curate molto la salute; vogliatemi bene, e scrivetemi: io sono impazientissimo di vedervi; e con desiderio inestinguibile vi abbraccio. Addio. no. A Pietro Giordani. Recanati 22 Decembre 1817 Mio Carissimo. Mi consolate assai quando mi dite che fra pochi mesi ci vedremo. Oh mi bisognalo mio caro, la presenza vostra più che forse non vi figurate. La salute adesso mi lascia far qualche cosa, ed io son tornato alle mie vecchie malinconie, e mi rallegro di potermi pure affliggere per altro che p[er] la infermità, che è bene un’afflizione sterile e sgradita. Del Tasso ancora non vi so dir niente, perchè questi giorni ho avuto da leggere alcune altre opericciuole che m’han rubato molto tempo: oltreché ho voluto anche dare un’occhiataccia a quelle Cruscate e Stacciate e ’nfarinature e ’nferrignerie che stanno dintorno alla Gerusalemme, la qual cosa m’ha portato più avanti ch’io non credea nè volea. E liberatomi da questa noia m’è accaduto p[er] la prima volta in mia vita di essere alcuni giorni p[er] cagione non del corpo ma deH’animo, incapace e noncurante degli studi in questa mia solitudine.1 Nondimeno tornerò, benché con isvogliatezza, al Tasso, e alle altre mie letture; anzi già facen- domi violenza, ci sono quasi tornato e ve ne scriverò. Del Bar- toli ho le opere morali, ma una sola istorica, cioè L’Inghilterra. Non so se vada letta, e me lo saprete dir voi. Ai 15 di 7bre spedii all’Acerbi (col quale avea già avuto in altre occasioni un certo commercio di qualche lettere) la disser- tazioncella sopra il Dionigi del Mai, la quale, avendo al mio solito