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mazzate. Dovete sapere che nella mia mente è fisso che il perfetto scrit- tore d’Italia debba necessariamente esser nobile e ricco. Nè crediate che sia adulazione: chè anzi la vostra dolcezza si spaventerebbe se sapesse a qual segno io fierissimamente disprezzo più d’ogni altra cana- glia i nobili, quando sono asini e superbi. Ma per molte ragioni, che un giorno dirò a stampa, io vorrei che la maggior parte de’ nobili fosse virtuosa e culta; parendomi questa l’unica ragionevole speranza di salute all’Italia. E poi tante cose dee sapere e volere e potere lo scrittore per- fetto, che non può volere e potere e sapere se di nobiltà e ricchezza non è munito. Io poi lo voglio ingegnosissimo: e non conosco (benché tanti ne conosca) un ingegno maggior del vostro. Lo voglio di costumi innocentissimi; lo voglio innamorato d’ogni genere di bello; lo voglio di cuor pietoso, e di animo alto e forte. Ed ora voi mi consolate tutto, accertandomi che sapete disprezzare gl’ingiusti disprezzi, e che della infamia temereste solo il meritarla. Oh bravo! tutte quelle sopradette perfezioni già le avevo in voi notate. Lo voglio erudito, lo voglio dot- tissimo di greco e di latino: e in queste cose non trovo in tutta Italia un uom maturo da paragonare a voi così garzonetto. Lo voglio inna- morato del trecento; lo voglio persuaso che il solo scriver bello ita- liano può conseguirsi coll’unire lingua del trecento a stile greco. Ed eccomi appunto dalla vostra degli 8. assicurato che voi intendete a fondo e la necessità e la possibilità di questa unione. La qual cosa avendo voi intesa, non vedo che altro vi resti da intendere. Dunque per l’amore d’ogni cosa amabile, fate, giacomino mio adoratissimo, di tener vivo all’Italia il suo perfetto scrittore, ch’io vedo in voi e in voi solo. Non vi avviliscano le malinconie, le languidezze presenti, i martini del pensiero: io le ho provate tutte nella vostra età; e sono sopravvissuto. Io sino ai venti anni sono stato così moribondo che nè io nè altri potesse di dì in dì promettermi una settimana di vita: ed ho avuto molte altre calamità, che voi dio grazia non avete. Dunque confidatevi; amatevi, curatevi. Conservate la vostra vita, come se l’ave- ste in deposito dall’Italia; e come se nel deposito si conservassero gran- dissime speranze di gloria e di felicità nazionale. S’io fossi nato nobile e ricco e robusto, sarei stato il vostro precursore; ed avrei mostrato all’Italia ch’ella poteva (in questo merdoso secolo) avere uno scrittor buono, e sperarne un ottimo. Figuratevi dunque con quanta ansietà guardo voi, l’unico del quale io speri che sia ciò che io non potei essere, e ciò che tanti e tanti neppur sanno desiderare di essere. Io ho innanzi agli occhi tutta la vostra futura gloria immortale: al che nulla vi biso-