ch’io possa fare quello che più vorrei, son forzato mancare a Cico-
gnara e a mio fratello, a’ quali avevo promesso, anzi a me stesso; e
rimanermi qui; donde non mi muoverò certamente sino alla calda sta-
gione dell’anno venturo: salvo una breve corsa che dovrò fare a Milano
in novembre. Del resto eccomi veramente incardinato in Piacenza; dove
mi fa star volentieri l’esperimento preso di molti altri maggiori paesi.
E voi come state, mio dilettissimo Contino? datemi vostre nuove; date-
mene, ve ne prego; e ditemi della vostra salute; della quale son sem-
pre ansioso. Ilo passati ultimamente alcuni giorni in Milano; e molto
si parlò di voi col raro Mai, e della vostra stupenda dissertazione sul
dionigi; la quale ho lasciata in mano del Mai; che ve ne scriverà.1 Io
vivo e vivrò qui; dove sono molte miserie, molta ignoranza, alcuni
uomini eccellenti e rarissimi. Se non ci fosse una miserabile e vergo-
gnosa penuria di libri, di nulla mi dorrei. Ma se mancano per istudi
profondi, bastano per passare in qualche modo il tempo: nè io voglio
far altro. Conservatevi diligentemente sano e lieto, mio amatissimo
Contino; amatemi e scrivetemi: e ricordate la mia servitù al Signor
Conte vostro Padre. V’abbraccio col cuore.
il vostro Giordani
Stimatissimo e Carissimo Signore mio
La ringrazio d.'“ sua gentiliss.3 tanto più cara perchè m’è
giunta improvvisa, non credendo io che quel mio povero scritto
m’avesse a fruttare q.‘° piacere.1 De’ modi che usa meco e delle
cose che mi scrive non le so dire se non che non potendo con
altro, le corrispondo colla gratitudine e coll’affetto vivo e sin-
ceriss.0 quanto altri potrebbe mai. Le lodi che le piace di dare
al mio scritto già si sa che non le posso accettare se non p[er]
testimonio d.la benignità sua. In verità io non ho voluto dire
che nel Dionigi fosse turbato l’ordine dei tempi: anzi ella vede
come mi sono sforzato di provare che l’ordine che vi si trova
non gli vale a farsi credere un Compendio. Ma debbo avere usato