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ch’io possa fare quello che più vorrei, son forzato mancare a Cico- gnara e a mio fratello, a’ quali avevo promesso, anzi a me stesso; e rimanermi qui; donde non mi muoverò certamente sino alla calda sta- gione dell’anno venturo: salvo una breve corsa che dovrò fare a Milano in novembre. Del resto eccomi veramente incardinato in Piacenza; dove mi fa star volentieri l’esperimento preso di molti altri maggiori paesi. E voi come state, mio dilettissimo Contino? datemi vostre nuove; date- mene, ve ne prego; e ditemi della vostra salute; della quale son sem- pre ansioso. Ilo passati ultimamente alcuni giorni in Milano; e molto si parlò di voi col raro Mai, e della vostra stupenda dissertazione sul dionigi; la quale ho lasciata in mano del Mai; che ve ne scriverà.1 Io vivo e vivrò qui; dove sono molte miserie, molta ignoranza, alcuni uomini eccellenti e rarissimi. Se non ci fosse una miserabile e vergo- gnosa penuria di libri, di nulla mi dorrei. Ma se mancano per istudi profondi, bastano per passare in qualche modo il tempo: nè io voglio far altro. Conservatevi diligentemente sano e lieto, mio amatissimo Contino; amatemi e scrivetemi: e ricordate la mia servitù al Signor Conte vostro Padre. V’abbraccio col cuore. il vostro Giordani

87. Ad Angelo Mai.
Recanati 5 7bre 1817

Stimatissimo e Carissimo Signore mio La ringrazio d.'“ sua gentiliss.3 tanto più cara perchè m’è giunta improvvisa, non credendo io che quel mio povero scritto m’avesse a fruttare q.‘° piacere.1 De’ modi che usa meco e delle cose che mi scrive non le so dire se non che non potendo con altro, le corrispondo colla gratitudine e coll’affetto vivo e sin- ceriss.0 quanto altri potrebbe mai. Le lodi che le piace di dare al mio scritto già si sa che non le posso accettare se non p[er] testimonio d.la benignità sua. In verità io non ho voluto dire che nel Dionigi fosse turbato l’ordine dei tempi: anzi ella vede come mi sono sforzato di provare che l’ordine che vi si trova non gli vale a farsi credere un Compendio. Ma debbo avere usato