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Se le ho avuto poco riguardo parlandovi di me in maniera indi- screta, perdonatemi. Già rispondendo alla vostra dei 24 Lug., v’ho detto quello che potevate bramare del mio modo di vivere. Non temete, caro Giordani, chè v’ubbidisco: siatene sicuro. Oh credete forse che non vi ami? o che non mi ami? E se non lo cre- dete, perchè volete credere che mi ostini in far quello che mi nuocerebbe? E che prova ne avete? Stando in Recanati e come ci sto io, niente mi può consolare della privazione degli studi, e nondimeno perchè vedo che mi bisogna stare un pezzo senza studiare e p[er] ubbidire a voi, non istudio, e così fo da molto molto tempo. Sappiate che sono sei mesi che io non iscrivo, e leggo così poco che si può dir niente: la traduzione di Dionigi la feci nel Gennaio passato. Dettare una lettera poi, caro Gior- dani, non è gran cosa. Dunque non crediate ch’io sia disubbi- diente con voi. Della dissertazioncella voglio che mi diciate sin- ceramente se credete bene, che fattovi qualche cangiamento e troncamento, si stampi, o vero stimate che anche posto che la mia opinione sia vera, volendola pubblicare, bisogni esporla in altro modo: perchè io la pubblicherei nello Spettatore p[er] la ragione che v’ho detta nell’ultima mia. Povero mio Giordani, mi par di vedervi travagliato da affari e noie. Non vorrei già aumentarvegli io; però rispondetemi bre- vemente, che benché d’ordinario la sola brevità mi possa dispia- cere nelle vostre lettere, adesso mi ci piacerà molto. La tregua di cui vi parlava nell’ultima mia, non è passata, sì che non v’af- fliggete p[er] me. Oh possibile che v’abbia ad esser cagione di affliggervi io, che vorrei esser sempre afflitto perchè voi foste sempre lieto? Lieto lietissimo vi voglio sempre o mio Giordani, che a questo ci hanno a servire gli studi, e la considerazione del Bello che tutto giorno ci sforziamo d’imitare. Mio padre vi saluta. Addio addio, mio incomparabilissimo Giordani. il vostro Leopardi