Pregiatissimo e carissimo Signore
La sua carissima delli 8 Marzo non essendo di quelle che
domandano risposta, io non risposi allora p[er] non infastidirla,
ma adesso che mi si dà occasione di scriverle nuovamente,
rispondo che la mia traduzione di Frontone, non tanto p[er]
la svogliatezza dello Stella, quanto p[er] mia assoluta volontà,
perchè non posso più approvarla, si rimane e rimarrà nelle tene-
bre. Quanto all’edizione Berlinese,1 se io volessi dar consigli
a Lei, farei come la porca a Minerva,’ ma senza pretendere di
consigliarla piglio sicurtà di dirle che secondo me Ella savissi-
mamente fa a non darsi pensiero di quello che altri si cianci delle
cose sue, ma per amore del vero e perchè gli altri non restino
ingannati, trattandosi di cosa di fatto, mi parrebbe che stesse
bene alla umanità Sua di porre le cose in chiaro quanto alla gia-
citura materiale degli scritti nel Codice, in modo che i Tede-
schi e gli altri stranieri, vedendo le matte congetture di quel-
l’Editore, non abbiano a pigliarle p[er] verità, o credere che il
fatto non istia come sta veramente, o almeno dubitare di una
cosa più che certa. Se non che Ella che ha sotto gli occhi quella
edizione, saprà forse che queste cure sarebbero soverchie, e che
la stoltezza di quelle congetture parla da se.
Ma lasciando Frontone e venendo al caso mio, dirò che
oggetto di questa è farle sapere che io messo da parte il Fron-
tone italiano p[erl naturale ripugnanza a tornare sopra cose che
disapprovo interamente, e insomma rifare uno scritto da capo
a piede, ho pigliato in mano il suo Alicarnasseo, e questo con
molto più fatica e cura che non avea posto nel Frontone, ho
tradotto, aggiuntevi alcune poche, e però forse meno vane,
postille. E però ho voluto vedere quello che il Ciampi3 ha
messo fuori intorno al Dionigi, e alle sue ragioni disegno di
rispondere nella prefazione con altre ragioni se non buone, certo