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69. Ad Angelo Mai.
Recanati 2 Giugno 1817

Pregiatissimo e carissimo Signore La sua carissima delli 8 Marzo non essendo di quelle che domandano risposta, io non risposi allora p[er] non infastidirla, ma adesso che mi si dà occasione di scriverle nuovamente, rispondo che la mia traduzione di Frontone, non tanto p[er] la svogliatezza dello Stella, quanto p[er] mia assoluta volontà, perchè non posso più approvarla, si rimane e rimarrà nelle tene- bre. Quanto all’edizione Berlinese,1 se io volessi dar consigli a Lei, farei come la porca a Minerva,’ ma senza pretendere di consigliarla piglio sicurtà di dirle che secondo me Ella savissi- mamente fa a non darsi pensiero di quello che altri si cianci delle cose sue, ma per amore del vero e perchè gli altri non restino ingannati, trattandosi di cosa di fatto, mi parrebbe che stesse bene alla umanità Sua di porre le cose in chiaro quanto alla gia- citura materiale degli scritti nel Codice, in modo che i Tede- schi e gli altri stranieri, vedendo le matte congetture di quel- l’Editore, non abbiano a pigliarle p[er] verità, o credere che il fatto non istia come sta veramente, o almeno dubitare di una cosa più che certa. Se non che Ella che ha sotto gli occhi quella edizione, saprà forse che queste cure sarebbero soverchie, e che la stoltezza di quelle congetture parla da se. Ma lasciando Frontone e venendo al caso mio, dirò che oggetto di questa è farle sapere che io messo da parte il Fron- tone italiano p[erl naturale ripugnanza a tornare sopra cose che disapprovo interamente, e insomma rifare uno scritto da capo a piede, ho pigliato in mano il suo Alicarnasseo, e questo con molto più fatica e cura che non avea posto nel Frontone, ho tradotto, aggiuntevi alcune poche, e però forse meno vane, postille. E però ho voluto vedere quello che il Ciampi3 ha messo fuori intorno al Dionigi, e alle sue ragioni disegno di rispondere nella prefazione con altre ragioni se non buone, certo