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M’accorgo d’avere dimenticata una cosa che può importare alla sua quiete. Ella desidera di veder Firenze; ed ha ragione. E la culla, la madre, la scuola delle belle Arti: ne è piena, e mirabilmente splen- dida. Per questa cagione, Ella (quando che sia) vedrà Firenze; e farà bene. VS. pensa poi ragionevolmente che la consuetudine de’ buoni parlatori sia giovevolissima, anzi necessaria a scriver bene: ell’ha ra- gione in massima: nel caso nostro però il fatto è tutto diverso. Non ci è paese in tutta Italia dove si scriva peggio che in Toscana e in Firenze; perchè non ci è paese dove meno si studi la lingua, e si stu- dino i maestri scrittori di essa (senza di che in nessuno si potrà mai scriver bene); ed oltre a ciò non è paese che parli meno italiano di Firenze. Non hanno di buona favella niente fuor che l’accento: i voca- boli, le frasi vi sono molto più barbare che altrove. Perchè ivi non si leggono se non che libri stranieri. Chiunque in Toscana sa leggere, dee VS. tenere per certissimo che non parla italiano: e questo rimane solo a quei più poveri e rozzi che non sanno punto leggere: ma la con- versazione di questi nulla potrebbe giovare a chi vuol farsi scrittore. Io non gliene parlo in aria; ma per molta esperienza con sicurezza. E di nuovo la riverisco ed abbraccio col cuore.

64. A Giuseppe Acerbi.
[Recanati 19 Maggio 1817]

Stimatissimo Sig. Le mando per la posta un mio libretto,1 facendo scrivere il suo indirizzo sulla stessa coperta perchè questa volta non acca- dano sbagli. Vorrei che non le fosse inutile, e mi sarebbe occa- sione di superbia il vedere che Ella lo reputasse buono a qualche cosa. Il dono è tanto piccolo che è nulla, anzi forse più tosto che dono sarà molestia. E però se Ella lo giudicherà indegno di pigliar posto nel suo Giornale, acciocché Ella non abbia a soffrire incomodo per mia cagione, desidero che consegnando il Libro allo Stella perchè me lo ritorni, si faccia rifare da lui la spesa occorsa per riscuoterlo dalla posta, ordinandogli da mia parte che la ponga in mio conto. A ogni modo la prego che guar-