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di malinconie; e n’ebbi tanta nella puerizia e nell’adolescenza, che cre- detti doverne impazzire o rimanere stupido. La mia complessione fu debolissima; nacqui moribondo, e sin dopo i vent’anni non potei mai promettermi due settimane di vita. E se ora ho comportabile sanità (non vigore), lo debbo all’aver fatto esercizio. Però le raccomando fer- vidamente che non voglia mancare a se stesso. Non so contraddire a molte cose che facondissimamente mi dice della sua situazione. Non- dimeno pensi ch’ella ha pure un gran vantaggio: quel padre amoroso e savio, quella copiosa libreria, quell’amor degli studi ch’ella ha, molti nobili non l’hanno. E a questi che giova esser nati in Milano, o Vene- zia, o Napoli; se non di avere maggior numero di testimoni che disprez- zino il loro poco valore? Consideri qui quanto è prezioso privilegio esser nato nella ricchezza; non mancar delle cose bisognevoli e comode; non dovere aver mai bisogno degli uomini; che tanto sono duri, ingiu- sti, crudeli, insolenti, stolidi! Oh, se ella potesse intender bene que- sta cosa! che giova nascer in una metropoli; ed aver bisogno degli uomini? Erami venuto in mente, tanto mi sento affezionato a lei, che l’anno venturo se mi riuscisse di aver accomodato le cose mie dome- stiche, non mi rincrescerebbe di stare per qualche tempo in quel Reca- nati dov’ella tanto si annoia; e starvi unicamente per interrompere un poco i suoi studi; darle un orecchio e un cuore che volentierissimo rice- vessero le sue parole; forzarla a lunghe e frequenti passeggiate per cote- sti colli Piceni; e distrarla un poco dalla fissazione delle malinconie. Io credo che in Recanati troverei una dozzina sufficiente; poiché a me basta amorevolezza e nettezza negli ospiti, e una sufficiente como- dità: grandi lautezze non mi abbisognano: volentieri mi accomodo alla semplicità; e le grandezze che ho provate (fuori di casa mia) mi sono col provarle assicurato che non sono mai necessarie, talora a me fasti- diose. Veda ella dunque in qual modo io pensi a lei. E certo ho un grande e continuo desiderio di conoscerla di persona, come rarissimo, se non unico signore; e di poterla in qualche cosuccia, secondo il mio niente, servire. Nè di Benedetto Mosca, nè di niun altro sono mai stato, nè mai vorrò essere maestro: parola, che mi fa nausea ed ira. Ma ben conobbi quel bravo giovane, e l’ho amato molto, e l’amerò sempre con deside- rio: perchè mi pare che avrebbe fatto del bene; e sommamente mi è doluta una tanto impensata ed immatura perdita. Era un buono e valente signore; del quale mi pareva che si dovesse sperare assai: ed è andato così giovane!