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dubiti e metta tempo in mezzo c voglia prima divenire buon prosatore, e poi tentare com’Ella dice, quasi con incertezza e paura, la poesia? O vuol Ella che quella mente divina sia una favola o se ne sia perduta la razza? e quale è dunque il vero poeta? Chi ha studiato più? E perchè non tutti che hanno stu- diato ed hanno un grande ingegno sono poeti? Non credo che si possa citare esempio di vero poeta il quale non abbia comin- ciato a poetare da giovanetto; nè che molti poeti si possano addurre i quali siano giunti all’eccellenza, anche nella prosa, e in questi pochissimi, mi par di vedere che prima sono stati poeti e poi prosatori. E in fatti a me parea che quanto alle parole e alla lingua, fosse più difficile assai il conservare quella proprietà senza affettazione e con piena scioltezza e disinvoltura nella prosa che nel verso, perchè nella prosa l’affettazione e lo stento si vedono (dirò alla fiorentina) come un bufalo nella neve, e nella poesia non così facilmente, primo, perchè moltissime cose sono affettazioni e stiracchiature nella prosa, e nella poesia no, e pochissime che nella prosa noi sono, lo sono in poesia, secondo, perchè anche quelle che in poesia sono veramente affettazioni, dall’armonia e dal linguaggio poetico son celate facilmente, tanto che appena si travedono. Io certo quando traduco versi, facil- mente riesco (facendo anche quanto posso per conservare all’e- spressioni la forza che hanno nel testo) a dare alla traduzione un’aria d’originale, e a velare lo studio, ma traducendo in prosa, per ottener questo, sudo infinitamente più, e alla fine proba- bilmente non l’ottengo. Però io avea conchiuso tra me che per tradur poesia vi vuole un’anima grande e poetica e mille e mille altre cose, ma per tradurre in prosa un più lungo esercizio ed assai più lettura, e forse anche (che a me pare necessarissimo) qual- che anno di dimora in paese dove si parli la buona lingua, qualche anno di dimora in Firenze. E similmente componendo, se io vorrò seguir Dante, forse mi riuscirà di farmi proprio quel lin- guaggio e vestirne i pensieri miei e far versi de’ quali non si possa dire, almeno non così subito, questa è imitazione, ma se vorrò mettermi a emulare una lettera del Caro, non sarà così. Per carità, Sig.r Giordani mio, non mi voglia credere un teme-