Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/209

oscurità. 11 far conoscere quanto ella sia grande straordinariamente di dieciott’anni lo ha già conseguito, e già tutti lo sanno. Ora ella può pretendere di non metter fuora se non lavori che non abbisognino non dico di scusarsi ma neppure di lodarsi per la poca età. Ella così presto è giunta a poter intendere ed amare e volere la perfezione; e per pochis- simo ch’ella si prenda di tempo VS. l’avrà posseduta. VS. è già a tal segno che parlando con lei dell’arte si può entrare nelle minuzie, senza darle noia, o perder tempo. E forse cominciando ella a rileggere la sua Cantica, incomincierà a considerare sin dal primo verso, e non con- tentarsi il suo orecchio di quel la la che nasce dal la lampa: e meno soddisfarsi di aver detto - Era morta la lampa in occidente - per dire - Era caduto il sole in occidente perchè i principii sopra tutto con- viene che siano limpidissimi e lucidi, e perciò espressi colla massima proprietà: e se forse in altro luogo poteva comportarsi lampa per sole, parralle che meno convenisse nel principio, che l’uom non sa ancora di che si parla, e però bisogna parlargli chiarissimo: e il cominciamento oltre la massima evidenza debb’anche avere nel semplice la possibile nobiltà: e perchè lampa impiccolisce molto il concetto del sole, pare che al concetto scemi tanto di apparente nobiltà quanto di vera grandez- za. Seguitando VS. a rileggere il suo poema con queste minute consi- derazioni, troverà molti versi bellissimi, e assai cose che le compiac- ciano; e forse alcune che voglia mutare, e qualcuna cancellare. E forse troverà che io stiticamente e falsamente ho considerato questo primo verso (perchè non sono intelligente di poesia), e per non moltiplicare in errori mi taccio: bastandomi aver dato saggio che non taccio per- chè creda insincera la modestia di VS., e il suo desiderio di udir libere parole. Ella senza dubbio conoscerà il nome del P. Cesari di Verona, tanto benemerito della nostra lingua. Questo valentissimo uomo è mio par- ticolare amico. A mia istanza egli s’induce (come già ristampò le pre- ziosissime vite de’ Santi Padri) a ristampare un aureo e raro libretto di Feo Beicari, testo di lingua, e di stile simile a quelle perfettissime vite.2 Questa operetta è la vita del Beato Colombino e de’ primi Ge- suati: libretto che o per amore dell’ottimo scrivere, o per amore della devozione dev’essere gradito da molti, se non fosse così difficile a tro- varsi. Il P. Cesari non imprende la stampa se non è sicuro di un suffi- ciente numero di associati. E io mi vo travagliando di fargliene da ogni parte: e perciò anche alla gentilezza di VS. mi raccomando, che per la Marca voglia procurarne. Gli amatori dell’ottima lingua saranno