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di cangiarlo. Nondimeno questa volta la fortuna in vece di nuo- cermi mi avrebbe favorito se io potessi senza offendere la pro- bità togliere il ms. allo Stella per darlo alla Biblioteca Italiana. Io vi farei molto guadagno, e le dico sinceramente che il vedere la mia traduzione nel suo Giornale mi farebbe andar superbo, e certo quella ne trarrebbe grandissimo onore. Questo sarebbe utile mio. Utile pubblico sarebbe il divulgarsi e propagarsi pron- tamente la scoperta col mezzo di un Giornale divulgato e lodato come il suo. Ella vede di quanti vantaggi è forza ch’io mi privi. Tutto questo conosco benissimo, e mi duole assai di aver cre- duto che dalla Biblioteca Italiana fossero escluse per massima le poesie, da che niuna mai ve ne era comparsa. Ora m’avveggo dell’errore ma tardi e per un accidente che quasi mi pone in mano quello che mi bisogna rifiutare. Ella vorrà, spero, credere che io non le avrei mai spedito un lungo ms. così seccamente senza accompagnarlo con una lettera: e lo Stella potrà mostrarle una mia del 21 Feb. in cui gli annun- ziava la spedizione del ms. al che egli rispose il 5 corrente dicen- domi che non gli era ancora giunto. Scrivo con questo corso di posta anche a lui informandolo della cosa. Non posso esprimerle la gratitudine che m’ispirano le sue cortesissime e graditissime offerte che non ho e vorrei aver meri- tate. In modo singolarissimo le rendo grazie del giudizio comu- nicatomi intorno al valore dell’Inno e dell’autor suo. E manife- sto che l’Inno è inferiore ai divini di Callimaco: agli Omerici non mi parea, almeno non a tutti, nè sarebbe meraviglia, giudi- candosi anche quelli da’ Critici, fredda e servile imitazione. Ma se il sommo maestro ch’Ella allega è quegli che io mi vado figu- rando,2 e se a lui par così, io dico che così è, perchè a lui mi prostro e mi prostrerò sempre non pur colla volontà, ma col- l’intelletto. E ringraziandola e pregandola che perdoni al mio ms. l’in- comodo mal di lui grado recatole, e offerendomi per quanto vaglio a Lei e al suo celebrato Giornale, mi dico

Suo Devmo Obblmo Servo
Giacomo Leopardi