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1 GIACOMO LEOPARDI lodi, che o non erano a me dirette, o certamente non mi convenivano. Ma avendo poi saputo la sua gioventù, non ho più dubitato che VS. e a me proprio, e non da beffa scrivesse: avendo io potuto imparare che i giovani sono buoni, leali, e facilmente affettuosi: e non dovette parermi nè impossibile nè strano che essendo per avventura venuto a notizia di VS. che io amo gli studi amati da lei, e che forse più da una grande malignità di fortuna che da natura fui impedito di fare in essi qualche cosa; ella mi pigliasse affetto, e coll’affetto stranamente ingrandisse il mio piccolo valore. Onde non devo ricusare sì generoso affetto; ma accettandolo restargliene grato ed obligato. Maggior consolazione ricevo da quello che riconosco di publico bene nell’essere in sì pochi anni venuto a sì alto segno di sapere un signore come lei. Di questo voglio con tutto il cuore ringraziarla, e pregarla istantemente che prosiegua; animandosi a ciò da un pensiere ch’io non so se finora sarà stato avvertito da lei, e che a me giace in mente dac- ché ho potuto conoscere il fondo delle cose umane. Ella vede a che stato miserabile sono caduti gli studi nella povera Italia. Sperare che li rialzi il favore de’ principi è speranza stoltissima: niente il vogliono; e poco ancora il potrebbono. La sola speranza ragionevole è nella nobiltà italiana. Se in ogni parte non pochi signori cospireranno ad abbrac- ciare con forte amore, e promuovere fervorosamente gli studi, non pas- seranno quindici o vent’anni, che l’Italia ritornerà grande e gloriosa. Mi diletta il pensare che nel novecento il Conte Leopardi (che già amo) sarà numerato tra’ primi che alla patria ricuperarono il male perduto suo onore. Anch’ella s’imbeva di questo pensiero; e le allevierà le fati- che, e le addolcirà le amarezze che negli studi anche a’ signori (ben- ché meno che agli altri) si attraversano. Ho letto il suo libro: e non gliene dirò nulla di mio. So che gliene hanno scritto due uomini sommi, e miei amicissimi, Monti e Mai. VS. dee lor credere; perchè sono sinceri quanto son grandi; e parlando meco dicon di lei forse più di quello che scrivono: e certo con gran ragione. E io voglio congratularmi seco di due cose che mi promettono che VS., essendo giunta in sì pochi anni a tal segno che mai forse in pari età non fu tocco da altro ingegno; salirà ancora, e arriverà ad altezza affatto sublime. Ne piglio argomento da quel caldo amore che vedo in lei per gl’ingegni grandi, che oggidì son pochi; e mi apparisce da ciò ch’ella scrive al Monti e al Mai, degnissimi d’esser da lei tanto riveriti, e di tanto amar lei. In secondo luogo mi rallegra che VS. non contenta di molto leggere i classici, anche si eserciti a tradurne: esercizio che mi