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978. Ad Antonio Fortunato Stella.
Bologna 26 Agosto 1826.

Carmo Sig. ed Amico. Fui costretto da vivissime istanze di un mio amico raven- nate a portarmi seco in Ravenna, come Ella ha saputo dal sig. Moratti, per vedere quelle celebri antichità. Mi trattenni una diecina di giorni, e tornando, trovai che la sua car.ma dei 9. mi era stata spedita a Ravenna, appunto pochi momenti prima. Malgrado le mie ripetute premure per averla subito, non ho potuto ricuperarla dalla posta di Ravenna prima di ieri. Eccole la causa della lunga tardanza del mio dovuto riscontro alla sua lettera. Occupandomi principalmente del Cinonio, non man- cherò di venir pensando al Diz. filos. e filolog., il quale godo assai che le vada a genio, come è ancora di mia grande inclina- zione. Non ho veduto i Sinonimi del Romani, che sento però molto lodati, e che credo opera di merito, atteso il nome del- l’autore. Ella non dee dubitare nè della sincerità nè della dili- genza che io userò nell’esporle la mia opinione circa il primo volume Ciceroniano, quando esso mi sarà pervenuto. A propo- sito del Cicerone, Monsig. Invernizzi mi fece sapere, che volendo Ella mandargli un esemplare della sua nuova edizione, egli avrebbe desiderato che questo fosse della edizione semplicemente latina; cosa nella quale io credetti che Ella l’avrebbe facilmente compiaciuto, e così gli risposi. A Ravenna un mio amico mi obbligò a scrivere a Lei una lettera commendatizia di una sua traduzion di Tibullo.1 La lettera, che probabilmente a que- st’ora Ella avrà già ricevuta, fu scritta sotto gli occhi medesimi dell’amico. Da ciò Ella giudicherà facilmente del conto che deve farne, anche relativamente alla mia opinione su quel manoscritto. I miei complimenti a tutti i suoi, e nominatamente al Sig. Luigi. Mad. Padovani, che sta bene, riverisce di cuore Lei e la sua fami- glia. Continui ad amarmi come io l’amo, e mi creda sempre Suo

vero servo ed amico
Giacomo Leopardi