L’amico Moratti attenderà forse a mandarmi la interpretazione dei
Trionfi e delle Rime varie con qualche gruppo. E già stampato anche
il 4° volumetto.
P.S. Ove errasse mio figlio in qualcosa di lingua, la prego volerlo
dire a me, o a lui, che le ne saremo gratissimi.
Pregiatiss. Sig. Conte ed Amico carissimo.
E un buon pezzo che non ho il bene di conversare con lei per via
di lettere. Sono lieto ch’or mi si offra l’occasione di riannodare que-
sta per me dolcissima corrispondenza. Mio padre m’ha fatto un gran
favore dandomi a leggere la cara sua del 30 giugno a lui diretta. L’au-
tore del Dialogo di cui Ella dà sì retto giudizio sono io; e l’unico sen-
timento che quel suo giudizio m’abbia fatto nascere si è il dispiacere
di non aver fatto meglio: sentimento così naturale che non giova tacerlo.
Vi si aggiunse il proposito di far meglio per l’avvenire, secondo le mie
forze. Questo è tutto. Trovo però giusto nel generale il patto circo-
spetto ch’Ella premette al suo giudizio: giacché l’amor proprio d’au-
tore è forse il più protervo fra gli amori proprii; e la natura ci ha dato
un amico così avvelenato, che il possente antidoto della ragione vale
appena a guarirlo; di più, questo antidoto non è di tutti. - Del resto,
pienamente d’accordo sui cinque punti di critica ch’Ella fa al mio Dia-
logo. Alcuni gli avevo già colpiti da me, e cercavo di scusarmene alla
meglio. - P. e. mi stava sul cuore quel dipingere i costumi in azione;
ma mi dispensava dal farlo considerando la difficoltà di rappresentare
per via di fatti tante e sì disparate consuetudini che in poche pagine
mi conveniva raccogliere. - Comprendevo che ad assai maggior nerbo
di filosofia m’apriva il campo l’argomento ricchissimo che aveva tra
le mani; ma da una parte mi vedeva stretto fra i limiti strettissimi pre-
scritti dalla nostra Censura, e dall’altra mi pareva di dover far grazia
ai miei lettori di troppo fine e profonde osservazioni filosofiche, ed
attenermi ad una piana e volgar filosofia adattata alla capacità dei più,