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di fatiche toccano alle volte ai poveri letterati. Ma questa per me è la prima e sarà certamente l’ultima di questo genere; e non avrei fatta neppur questa se non mi ci fossi obbligato con una parola detta inconsideratamente, che mi ha fatto disperare. Pure me ne sono cavato più presto ch’io non credevo. Vo sempre sospirando il momento di riveder Recanati, che sarà certamente presto, piacendo a Dio. Qui si fa continuamente un ammazzare che consola: l’altra sera furono ammazzate quattro persone in diversi punti della città... Io finalmente sono entrato in un tantino di paura: ho cominciato ad andar con riguardo la notte, e ho cura di portar sempre danaro addosso, perchè l’usanza è, che se non ti trovano danaro, vi ammazzano senza complimenti. Salutami quanto più puoi Babbo, Mamma e i fra- telli. L’altro giorno il marito di Angelina mi disse che D. Rodri- guez è ancora vivo, ma che poco può durare. Tu come stai di salute? come sta Babbo e Mamma? come stanno i fratelli? Pie- truccio che fa? Non ti rincresca di entrare in dettagli minuti quando mi scrivi, e d’informarmi di ogni cosa della mia cara famiglia. La mia salute migliora molto, grazie a Dio, coll’estate: finalmente sono arrivato a poter andar di corpo senza pillole: cosa che mi pare una maraviglia, perchè da Ottobre in qua non mi era stata mai possibile; e le pillole mi guastavano lo stomaco orribilmente. Salutami tanto D. Vincenzo e il Curato. Addio, Paolina mia. T’amo quanto tu sai. Giordani saluta tanto te e Carlo.

942. Di Monaldo Leopardi.
Recanati 25. Giugno 1826

Mio caro Figlio Non vi ho scritto da molto tempo, e con ciò mi è mancato il pia- cere di trattenermi con voi, e quello di leggere le vfe lettere, ma rispar- mio le mie perchè non voglio obbligarvi a scrivere, non sapendo se, e quanto possa riuscirvi gravoso. Di quando in quando però è giusto