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so all’Italia, della quale io direi volentieri quello che Agamenno- ne diceva dell’esercito greco in proposito di Nestore, che ella sa- rebbe a miglior partito se avesse dieci vostri pari.2 Ed aggiungo che o vedendo Giordani o scrivendogli, io non ho mancato mai di pregarlo che vi salutasse per mia parte affettuosamente. Vengo al cortese invito di scrivere per cotesto Giornale, che io predico sempre, non solo come l’unico Giornale italiano, ma come tale che in molte sue parti ha l’onore di non parer fattura italiana. Credetemi che quel poco (veramente poco) che io posso, lo spenderei volentieri tutto in servizio dell’Italia e vostro, aiu- tandovi in cotesta impresa secondo le mie forze, e che conosco ed apprezzo l’onore che voi mi fate giudicandomi capace di esservi utile. Ma vogliate credere ancora che presentemente io ho tali impegni librarii con Milano e con altre parti, che mi occu- pano tutto il tempo che io posso dare allo studio; di modo che senza voler mancare alla mia parola e al mio debito, non posso prendere altri assunti; tanto più che io non sono niente buono a far molte cose in un tempo. Questo è un ostacolo occasionale e che può passare. Ma quello che voi mi proponete di divenir vostro collaboratore regolare, credo che sarà sempre incompa- tibile col mio stato, perchè la mia salute, che certo non è per mutarsi, non si vuol sottomettere a nessuna regola del mondo, e non comporta che io mi obblighi a tempi determinati. Basta: se la stessa maledetta salute non me l’impedisce, io voglio que- sta primavera dare un salto a Firenze, e allora a voce potremo discorrere e risolvere di questi particolari. Intanto, perchè io non so e non ho saputo mai sopportare di esser creduto da più ch’io non sono, o atto a quello che io non so fare, permettetemi di soggiungere. La vostra idea del- VHermite des Apennins, è opportunissima in sè. Ma perchè que- sto buon Romito potesse flagellare i nostri costumi e le nostre istituzioni, converrebbe che prima di ritirarsi nel suo romito- rio, fosse vissuto nel mondo, e avesse avuto parte non piccola e non accidentale nelle cose della società. Ora questo non è il caso mio. La mia vita, prima per necessità di circostanze e con- tro mia voglia, poi per inclinazione nata dall’abito convertito