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Scrivo vicino al fuoco che arde per dispetto in un camminaccio porco, fatto per scaldarmi appena le calcagna. Non mi dilungo di più perchè la posta parte, e perchè spero di abbracciarti (oh voglia Dio!) fra non molto. Cariuccio mio, ti bacio. Addio. Oh quanto ti amo, quanto ti desidero, quanto ti vorrei vedere alle- gro, o almeno vicino a me. Paolina mia. Ti ringrazio delle nuove che mi dai di costì, che veramente sono comiche. Sèguita pur sempre a darmene che mi farai gran piacere. Io t’amo con tutto il cuore. Da quello che ho scritto qui di sopra a Carlo intenderai quello che mi domandavi. Giordani sempre che mi scrive, ti saluta carissima- mente, te e Carlo. Ho scritto al Papà giorni sono. Salutalo per me, e così la Mamma e il Zio Ettore, al quale scriverei, ma credo che il suo Giovanni1 non gli darebbe la mia lettera. Salutami anche il Zio Carlo e Mariuccia se ancora è costì. Ti abbraccio, mia cara, e ti prego a starmi allegra! per amor di Dio, se non mi vuoi disperare. Addio, cara, addio. Luigi mio. Ti ringrazio dei tuoi saluti e della memoria che hai di me, che non mi scordo di te certamente. Salutami, abbrac- ciami, baciami, sballottami Pietruccio. Voglimi bene quanto io te ne voglio. Addio addio.

763. Di Francesco Puccinotti.
[Recanati 28 Ottobre 1825]

Stimatissimo ed amatissimo mio Conte Giacomo. Se io vi dicessi che il cuor solo m’ha goduto all’arrivo della vostra dolcissima lettera1 vi direi poco, mentre ne ha fortemente giubilato ancora quella parte di noi che chiamasi amor proprio. Imperocché voi siete quel miracolo d’ingegno e di dottrina ch’altri insuperbirebbe solo d’esservi noto; immaginate poi in che ruolo monterebbe se fosse certo, come io sono, d’essere amato da voi. Ed è cosa veramente da diven- tarne matto il ripensare come io debba riamarvi; perchè se appena vi conobbi me n’andai subito in entusiasmo per voi, oggi poi che sono