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Stato, e a proporle di dare qualche compenso al Sig. Tognetti, assegnando a me il Segretariato dell’Accademia. In qualunque modo ardisco di farle osservare che da una parte il soggiorno di Roma, specialmente nell’estate, è poco adattato al mio tem- peramento, e alla mia salute assai debole; dall’altra parte, che una cattedra non so quanto mi potrebbe convenire per due ragioni, l’una fisica, cioè la grandissima debolezza del mio petto, l’altra morale, cioè la mia poca attitudine a trattare con una sco- laresca, sempre insolente, attesa la timidità naturale del mio carattere. Dubito ancora che gli emolumenti annessi alle catte- dre di cotesta Università possano bastare a mantenermi in Roma, dove le spese quotidiane sono assai maggiori che in Bologna. Per queste considerazioni, profittando della sua insigne bontà e delle sue gentilissime esibizioni, liberamente le dirò, che se Ella, servendosi delle notizie avute dalla mia del passato ordi- nario, potesse indurre l’Emo di Stato a volgere nuovamente il pensiero al Segretariato di questa Accademia, ciò mi sarebbe caro sopra ogni altra cosa: ma che quando ciò non si possa, io sono disposto ad accettare con gratitudine qualunque altro po- sto che la sua officiosissima e amorosissima cura potrà impe- trare dalla beneficenza dell’Emo di Stato. Quest’ultimo sen- timento è quello che ho espresso nella lettera ostensibile che le accludo.2 Ripeto che la mia riconoscenza alle infinite grazie usatemi da Lei, non ha limiti, e non avrà mai fine; e pregandola nuova- mente dei miei distinti rispetti al Sig. Niebuhr, ho l’onore di dirmi

Suo Devmo obblmo servitore
Giacomo Leopardi.

P.S. Io mi fermerò ancora per qualche tempo in Bologna, dove Ella potrà dirigermi le sue lettere, qualunque volta mi voglia onorare dei suoi caratteri.