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quella che scriveste in Milano alli 7 di settembre, dopo la quale io ve ne scrissi un’altra che pare non abbiate ricevuta, e poi ultimamente un’altra,1 che non poteste ricevere, perchè eravate partito di là. Ero veramente smanioso di ricevere notizie di voi, ed ora sono contentis- simo, sapendovi in luogo dove si può scrivere, e d’onde si può avere riscontro più sicuramente e più prontamente. Neppure mi dispiace di sentirvi non pienamente contento, perchè spero che resti alla casa vostra il privilegio di procurarvi qualche contentezza di più. Giacomo mio, gli anni e le esperienze ci vanno lentamente persuadendo che molte cose, splendide assai da lontano, vedute in vicinanza appariscono meno luminose, e certi oggetti che sembrano vili e triviali, sono in sostanza i più utili e comodi per gli usi della vita. Voi lo conoscete in parte, e lo conoscerete del tutto ben presto, perchè avete spirito con cui pre- correre il corso ordinario delle riflessioni, e buona fede per confes- sarne i corollarii. Prescindendo poi dalle prevenzioni della educazione, e dall’omaggio abituale che rendiamo ai nostri religiosi principii, la riflessione e l’esperienza ci assicurano che nella nostra vita esiste un gran vuoto, e bisogna empirlo di Dio. Se le azioni nostre sono dirette a questo Dio, in quo vivimus, movemur et sumus, ci sentiamo forti, sazii e contenti; ma se prendiamo un’altra mèta, corriamo senza arri- vare, aneliamo senza respirare, e, abbracciando continuamente, strin- giamo sempre le braccia vuote al petto. Degli emolumenti, dei quali mi parlate, io non so precisamente cosa dire, perchè non so in quale vero aspetto debba vederli. Se Stella vi dà dieci scudi mensili, non vorrà buttarli, e voi dovrete compensar- glieli con lavori quasi periodici, i quali valgano molto di più. Piutto- sto che mettersi allo stipendio di uno stampatore mercante, avrei cre- duto meglio il pattuire che vi pagasse i vostri scritti un tanto al foglio, e così, piuttosto che ricevere otto scudi mensili dal Greco che vuole imparare il latino, ne avrei accettato un dono non pattuito. Secondo le nostre antiche idee, e forse pregiudizii, questi emolumenti mensili mi sembrano alquanto umilianti; ma ripeto che non posso vedere que- ste cose, come si vedono oggidì fuori delle nostre nicchie, e voi avete bastante criterio per giudicarne sanamente, e bastante stima di voi medesimo per non avvilirvi. Nella mia lettera, forse smarrita, vi scrissi a Milano che il cav. Antici mi mandò per voi la licenza di leggere e ritenere i libri proibiti. Scri- verete se la volete costì. Il suddetto cavaliere venne qua circa 15 giorni addietro, ed è ora in Urbino a rivedere i figli.