mente. Il dirti quanto io ti amo, e quanta smania e impazienza è in
me di rivederti, è inutile, poiché te lo immaginerai bene; e tutte le
notti ti vedo in sogno, e mi par proprio di guardarti, di esaminarti,
di aspettare ansiosamente che tu mi faccia quei racconti, di cui mi par-
lavi, e che mi promettesti in un’altra tua; ed ogni cosa mi richiama
in casa la tua memoria, e ini ti fa tanto più regretter, quanto meno spe-
ranza ho di vederti. Pure a Recanati non ti vorrei vedere giammai;
ma ti farò ben ricordare la promessa che mi facesti l’ultima sera.
Scrivendo a Giordani, digli qualche cosa da parte mia, e come mi
lusinga la sua memoria, e quanto m’interessi di conservarla. La mamma
vuole che ti saluti, e ti risaluti; essa quasi piangeva dalla consolazione
nel leggere la tua ultima, e si rallegra con te, e spera che sarai sempre
più contento. Puccinotti disse l’altro giorno, che, essendosi lusingato
per un poco di avere una tua lettera, e non vedendola, ti ha scritto
a Milano, indirizzandola a Stella. E sperabile che tu non l’abbia avuta.
Egli è sempre annoiato della troppa fatica, e spera di esser chiamato
in Urbino per maestro della nuova Università, ec. Il mio matrimonio
si è prorogato a carnevale, per ora; vedremo in appresso. Addio, caro
Muccio mio. Pietruccio mi si raccomanda, perchè lo nomini. Si sta
lavorando il suo vestiario nero,1 ed egli è tutto contento; cosa ch’io
non avrei mai creduto. Se volete ridere, per ultimo vi dirò, che essendo
partito sono alcuni giorni Antongiacomo Condulmari, si dice che sia
andato a farsi Camaldolese. Ha lasciato una lettera con ordine di non
aprirsi fino a nuovo ordine. Scusate, Giacomuccio mio, queste ciarle,
che vi sono, lo capisco benissimo, inutilissime; ma sono tre mesi che
non ne facciamo più insieme. Quando non saprete cosa vi fare, vedete
di aver nuove di Angelina;2 chè farebbe piacere anche a mamma il
sapere che diavolo ne è stato di essa. Gigio3 ti abbraccia, e vuole che
ti dica, che non ti scrive, perchè non sa scrivere; sono le sue parole.
741. |
Di Monaldo Leopardi. |
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Recanati, 6 Ottobre 1825. |
Mio caro figlio, Non potete credere quanto mi abbia consolato il
ricevere la vostra lettera, ed il sentirvi in Bologna; e tanto più, perchè
non mi attendevo nè l’uno nè l’altro. L’ultima vostra qui ricevuta fu