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lungamente e conosciuto con troppa certezza che quanto più io cerco di non patire, tanto più patisco, perchè la pigrizia, e 10 studio senza distrazioni grandi e continue, sono la rovina della mia salute. Ella mi ami, e saluti caramente per me la Mamma, i fratelli e il Zio Ettore, ai quali scriverò quando avrò un poco più di agio. Io l’amo, come sempre e come debbo, con tutto 11 cuore, e desidero infinitamente le sue nuove e quelle della famiglia. E baciandole la mano mi ripeto teneramente suo affettuosissimo figlio Giacomo.

738. A Giuseppe Melchiorri.
Bologna 3 Ott. 1825.

Caro Peppino Tardi rispondo alla tua degli 11, perchè dopo ricevutala, sono stato sempre in punto di partire da Milano, come ho finalmente fatto, e sono qui da 5 giorni, dove forse mi stabilirò. I miei lavori letterarii in Milano sono stati il combinare gli elementi di una edizione latina, e di un’altra latina e italiana, di tutte le opp. di Cicerone, della quale vedrai presto i programmi, l’uno latino e l’altro italiano, che ho fatti io.1 Conservo qui una soprinten- denza lontana su questa intrapresa, e su quelli che vi lavorano, ma io non avrò parte alcuna nei lavori stessi. La recensione del testo sarà di un Ab. Bentivoglio già collega di Mons. Mai nella B. Ambrosiana. Con mio dispiacere ti dico che lo smerciare le tue memorie in Milano è impossibile, perchè non vi è città al mondo meno studiosa dell’antichità, come anche delle lingue classiche, e i libri di questo genere non vi trovano il menomo spaccio. Ti basti dire che difficilmente tu puoi trovare in tutta Milano una edizione di un classico greco o latino, posteriore al 5 o al ócento. Non vi si parla d’altro che lingua e poi lingua, e in questo consiste tutta la letteratura milanese. Presto uscirà in Milano quel mio finto testo di lingua del trecento.2 Se tu lo