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vori. Aspetterò l’esito della trattativa, e intanto Ella non dubiti del più rigoroso segreto per mia parte. Io vivo qui poco volentieri e per lo più in casa, perchè Milano è veramente insociale, e non avendo affari, e non volendo darsi alla pura galanteria, non vi si può fare altra vita che quella del letterato solitario. Partirò subito che me lo permetterà la buona creanza verso lo Stella, e che sarò libero dalle faccende lettera- rie che ho per lui, il che non sarebbe se non di qui a qualche anno, secondo l’intenzione dello Stella, ma secondo la mia, sarà dentro il mese prossimo. Lo Stella ed io siamo tanto grati al degniss. M.re Invernizzi, quanto edificati e maravigliati della sua modestia, cosa vera- mente rara tra letterati. Lo Stella lo prega a credere e lo assi- cura che di qualunque genere sieno i suoi lavori sopra Cicerone, e qualunque sia la mole de’ suoi manoscritti o stampati che li contengono, non solo non si chiamerà aggravato dalla spesa del loro trasporto, ma anzi gli sarà tenutissimo se egli vorrà conse- gnar tutto al Sig.e Olmi, perchè il tutto passi qui nelle mani del rispettabile letterato1 che attende alla nuova recensione del Cicerone, il quale avrà tutto il possibile riguardo all’onore di M.rc Invernizzi, e lo nominerà con tutta quella lode che merita, tacendo interamente quello che non fosse trovato opportuno al nuovo lavoro. Intanto, non essendo stata mai finita l’edizione del Beck, lo Stella ordina che sia consegnato subito a Monsig.e un esemplare di quella dell’Ernesti, se si trova costì; diversa- mente, esso medesimo gliene spedirà uno di qua, incaricandosi delle spese del trasporto. Col Sig.c Conte Alborghetti, uomo veramente buono, ed amabile, farò le sue parti la prima volta che lo rivedrò. La prego dei miei affettuosi saluti e doveri alla sua famiglia, e persuaso che se in questa mia dimora a Milano io sarò buono a servirla in qualche cosa, Ella mi vorrà favorire dei suoi comandi, col solito affetto mi ripeto

Suo tenero e gratissimo nepote
Giacomo Leopardi