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care e illustrare l’iscrizione senza supplemento, indicando ai let- tori le ragioni per le quali è impossibile di farne uno soddi- sfacente. Datemi, vi prego, le vostre nuove, e quelle dei vostri studi più distesamente che nell’ultima vostra, la quale è ben laconica. Vogliatemi bene e credetemi sempre il vostro affettuosissimo cugino Leopardi. Non mi allungo di più, perchè sto sempre peggio di salute, e lo scrivere mi è gran fatica.

695. Di Giuseppe Melchiorri.
Roma 4. Giugno 1825.

Caro Giacomo Rispondo alla tua carina dei 24. p.° p.° Ho piacere di sentire che abbi finalmente ricuperata la lettera mia nella quale era inclusa la copia dell’iscrizione Stratonicense. Le ragioni che tu mi adduci sulle diffi- coltà de’ supplementi sembrano giuste, ne io saprei cosa ridirci. E veris- simo che la lingua della med.a, è affatto diversa dall’altre, onde se non mi si presenta altra miglior strada, il che è impossibile farò conto di darla così come stà. Quello che vorrei però dimandarti si è, che mi dicesti cosa ne pensi per l’epoca. Tù hai svolte le opere latine de’ nostri antichi più di me sicuramente, ed avendo una sì felice memoria, dimmi se trovi somiglianza nella lingua con altri, e se dal contesto, e dalla rimembranza di storiche vicende ti sembra che possa nulla di positivo stabilirsi sull’epoca di questa legge. Luigi Cardinali al quale la com- municai, e che ha voluto scrivere un prodromo alla mia opera, o sia una divinatici sull’età del marmo, suppone da alcune frasi che vi si leg- gono esser quella una legge emanata dagl’imperatori Antonini, leggen- dosi in un luogo conjubemus quasi simul jubere. Non so quanto questa opinione del Cardinali sia vera; ella è basata sull’osservazione che nel marmo si parla di tempi in cui una pace universale, era succeduta a guerre grandissime, massimamente contro i barbari. Dimmi però la