o se io non mi risolvo a morir di fame il giorno dopo, io non
mi posso muover di casa. Vogliatemi bene, e dove io vi possa
servire comandatemi. Addio addio. Il vostro
Leopardi
Giordani mio. Brighenti mi si offerisce di farti ricapitare le
mie lettere da Bologna, mandandole io colà. In fine io mi ver-
gogno e mi sdegno di tanto lungo silenzio col mio solo amico.
Concedimi, caro Giordani, che io ti chiami con questo titolo,
e che io viva ancora con questa opinione di avere una persona
al mondo che mi ami e che io ami. So che tu sei adesso molto
occupato. Perciò non voglio che tu mi scriva lungamente: non
ti dimando de’ tuoi casi, de’ tuoi pensieri, de’ tuoi studi. In
questi ultimi giorni ho avuta occasione di parlare di te più volte
con persone venute da luoghi dove se ne parla,1 perchè qui non
ne parla altri che io con me stesso ogni giorno. Quanto più gli
uomini mi paiono piante e marmi per la noia che io provo nel-
l’usar con loro, tanto più di giorno in giorno io mi confermo
nel pensiero che egli ci ha pure uno col quale vivendo e par-
lando, mi parrebbe vivere e parlare con un mio simile, o (per
dirla meno superbamente) con un uomo: e questi sei tu; tu, solo
uomo (e te lo giuro) che potrebbe farmi parere la compagnia
più dolce che una solitudine disperata. Se tu mi mancassi al pen-
siero, in verità che il mondo mi riuscirebbe un deserto, dove
io mi trovassi solo, senza relazione a cosa alcuna. Se ti piace
di scrivermi, dimmi che tu stai bene, che mi ami ancora, che
io, già nulla al mondo, e meno che nulla a me stesso, sono a
te quel medesimo di prima, e questo mi basterà. Io studio il
dì e la notte fino a tanto che la salute me lo comporta. Quando
ella non lo sostiene, io passeggio per la camera qualche mese; e
poi torno agli studi; e così vivo. Quanto al genere degli studi che