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- S’intende che poi converrebbe fare quelle traduzioni che non esistessero, o non fossero tollerabili: ma potressimo anche trovare de’ Collaboratori.

687. Di Antonio Fortunato Stella.
Milano 30 aplc 1825.

Signore ed Amico amatiss. La carissima sua del 13 m.3® mi ha riempiuto di riconoscenza e di confidenza insieme: onde con aperto animo le dico che se dalla sua volontà dipendesse il lasciar per qualche mese la patria, e non le dispia- cesse di trasferirsi qui per dimorar qui tutto quel tempo che si richie- desse per incamminar bene l’impresa mia senza pensar Ella a spesa alcuna, le scriverei subito venga, e venga subito che sarà ricevuta da me colle braccia aperte e festeggiata da molti. Non potendo io scri- verle ciò, mi limito a pregarla di osservare il saggio di lavoro che qui le includo,1 e dirmene poi il suo libero e schietto parere, e special- mente sul sistema che si vorrebbe seguire, coronando il parere suo con suggerire quelle mutazioni od aggiunte ch’Ella stimasse migliori. In quanto alle traduzioni, di poche al certo, tra le stampate, io potrò far uso; e, per esempio, se tra le Orazioni ne potrò scegliere cinque, o sei, che verranno anche ritoccate, sarà molto. Le altre converrà farle tradurre di nuovo; ma io non vorrei per questo lavoro che penne eccel- lenti: quella del Giordani, quella di Lei e di altri pochi. Al Giordani (forse troppo occupato) ho fatto parlare da un comune amico; ma non ha ancora avuto risposta. A Lei parlo io stesso e le domando se si appli- cherebbe alla traduzione di qualche Orazione, e quale, o quali; ben inteso ch’Ella debba riceverne un premio in libri, o in altro, a suo pia- cimento. Spero che la sua delicatezza non si offenderà di questo, avendo io tenuto il linguaggio stesso col padre Cesari che sta ora traducendo per la mia Raccolta le Lettere famigliati. Ella mi accenna non esser contenta dei recenti lavori latini degl’i- taliani. Stando alle cose di Cicerone, conosce Ella la Collezione tori- nese nella quale ha mano il Bucheron, e che si sta ora pubblicando?