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DISSERTAZIONE SOPRA L’ESISTENZA DI UN ENTE SUPREMO a dimostrare la necessità di un Essere Supremo a fronte de’paz- zi seguaci di Epicuro, senza di che inutili sarebbero le finaddora apportate ragioni le quali dimostrano l’esistenza di questo Es¬ sere in contemplazione dell’Universo. Affermano gli Epicurei, che il mondo non è che un composto di atomi ossia di sottilissimi elementi, o primitive particelle, le quali aggirandosi sin da tutta l’eternità nel vacuo spazio per mezzo di un moto, di cui ignorasi la cagione, vennero per un fortuito incontro a combinarsi, ed a comporre l’universo tutto, gli uomini formandosi dipoi dalla feccia del Nilo. «Hic ego non mirer, esclama in tanta assurdità l’Oratore di Arpino, esse quem- quam, qui sibi persuadeat corpora quaedam solida, atque individua vi, et gravitate ferri, mundumque effici ornatissimum, et pulcherrimum ex eorum corporum concursionefortuita?Hoc qui extimatfieripotuisse non intelligo curnon idem putet si innumerabiles unius, et vigintiformae lit- terarum, vel aureae, vel quales libet aliquo conijciantur posse ex his in terram excussis 173 j annales Ennii ut deinceps legi possint effici, quod ne- scio an ne in uno quidem versu possit tantum valere fortuna ». Con queste parole, a cui hanno alcuni attribuita ragionevolmente l’invenzion della stampa dimostra Marco Tullio l’assurdità del sistema degli Epicurei. Inoltre «Se il fortuito, ed accidentale concor¬ so degli atomi ha potuto, come esprimesi l’Abate Sauri, produrre que¬ st’universo per qual ragione non produrrà egli un palazzo, una città, un vascello cose di tanto più facile esecuzione? Poi qual necessità vi ha egli mai, che questi atomi abbiano esistito? Per quale necessità si saranno essi agitati, e posti in moto? In qual maniera questi esseri di tanto poca con¬ seguenza saranno stati necessari? E <luando ancora jossero eglino neces¬ sari, e quando fosse anche stato necessario il lor moto in qual maniera si 105