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II ■ RACCOLTA ANTOLOGICA stretto a calcare la scena ritornar egli volesse a sedere fra loro, si disposero in modo che per lui non vi era luogo. Laberio passa¬ va a traverso i sedili de’ senatori per arrivare a quelli de’ cavalie¬ ri. Cicerone, a cui si trovò da presso, veggendolo un poco imba¬ razzato, gli disse: Io ti darei luogo, se non fossi tanto stretto. Egli voleva e farsi beffe di Laberio, e motteggiare sulla moltitu¬ dine de’ novelli senatori creati da Cesare senza scelta, e senz’ al¬ cuna cura delle leggi e delle convenienze. Il poeta adontato diede a Cicerone una risposta assai mordace: tu mi fai traseco¬ lare, gli disse, poiché sei avvezzo a seder sempre su due scanni ad un tempo; adagio che significava presso i Romani ciò che noi diciamo nuotare tra due acque, ondeggiar tra due partiti. Così Laberio rinfacciava a Cicerone, che stando in bilico fra Pompeo e Cesare, non era stato fedele amico nè all’uno, nè al¬ l’altro. (Sen. Controv., I.7, c.3 / Macrob. Sat., I.2). 3. Rollin xlvii, 172-173 (Sogni, §§ 36-37): Tutti questi intrighi non si poterono con tal segretezza ma¬ neggiare, che non ne traspirasse alcuna cosa. Cesare sapeva che si tenevano notturne combriccole, e Bruto e Cassio gli erano sospetti sino ad un certo segno. Un giorno che da Antonio e Dolabella fu avvertito di guardarsi bene: non sono già, rispose, questi uomin tarchiati, grassotti, e ricciuti, che mi sembrano oggetti di ti¬ more, ma i macilenti ed i pallidi. Egli indicava con queste ultime parole Bruto e Cassio. 4. Rollin xlvii, 173 (Sogni, § 34): Sognando erale paruto di tener Cesare tra le braccia, tutto fe¬ rito, e grondante di sangue, e quindi mettea dormendo sospiri e sin¬ ghiozzi che Cesare stesso udì. 458