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CHARLES ROLLIN avvilita; ma ripiena all’opposto di una florida gioventù, d’u- n’immensa copia d’oro e d’argento, di un prodigioso ammasso d’ogni sorta d’armi, e tanto altera e presuntuosa per tutti questi grandi apprestamenti, che niente vi era di elevato, cui non por¬ tasse la sua ambizione e le sue speranze. Si dice eziandio che dopo aver tenuto quel discorso, abbia pittato in mezzo al senato alcuni fichi dAfrica ch’aveva in un lembo della sua toga; e che ammirandone i senatori la beltà e la grossezza, abbia detto: Sappiate, che da tre soli giorni queste frutta sono state colte. Tale è la distanza che ci separa dal nimico. (Plin. 1. 15. c. 18). E da quel tempo, qualunque affare si deliberasse in senato, Catone aggiungeva sempre: e io con¬ chiudo inoltre, che è d’uopo distrugger Cartagine. (...) l’arrivo dei deputati di Utica, i quali venivano a dare se stessi, i beni, le terre, e la città loro ai Romani. (...) Il Console Censorino, il quale parlava, dopo aver lodato la buona disposizione e la ubidienza loro, ordinò che senza frode, e senza indugio consegnassero le armi. (...). Quest’ordine fu immantinente eseguito. (...). Il console si rizzò per un istante al loro arrivo con alcuni contrassegni di bontà e di dolcezza: quindi ripigliando ad un tratto un’aria grave e severa: Non posso, disse, non lodare la vostra prontezza nell’eseguire gli or¬ dini del senato. Esso mi ordina di dichiararvi, che la sua ultima volontà è che usciate di Cartagine, che ha determinato di di¬ struggere. (...) non vi fu altro per tutta la città che urli, dispera¬ zione, rabbia, e furore. (...) Mi sia permesso di fermarmi per un istante a considerare la condotta dei Romani. (...) Non si riconosce più a mio parere l’antico loro carattere. (...). Oh quanto è pericoloso l’esser potente abbastanza per commettere impune¬ mente l’ingiustizia, e sperarne eziandio grandi vantaggi! L’esperienza di tutti gli imperi ci dimostra, che non si tralascia di commet¬ terla, quando la si reputa utile. 2. Rollin xlvi, 88-89 (Virtù in particolare, §§ 33-36): Laberio dunque nell’uscir dalla scena si dispose d’andar a prender posto tra’ cavalieri romani. Questi che riguardavano come un doppio disonore per se stessi, che dopo esser stato co¬ 457