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STEFANO PACE si sono impegnati in tante difficultà, eh’è loro impossibile di sbrigarsene. Cominciamo da Aristotele, e scorgeremo infatti se sia vero ciò, che or ora vi dissi. Il Moto, dice egli, è un atto d’un Ente, in potenza, in quanto egli è in potenza: (a)Ejus, quod po- tentia existit actus, quatenus hujusmodi motus est; o come pu¬ re altri dicono: Motus est actus entis in potentia, prout in potentia. Che cosa mai si può dir di più oscuro? E gli insegna nella sua Logica che la definizione, se debbe esser perfetta, debbe essere altresì più chiara della cosa da lei definita; or vi pare ch’egli abbia pra¬ ticato questo precetto? Non s’intende assai più che cosa sia il movimento con questa sola parola: moto, o movimento; che dicendo: l’atto di un’entità, che è in potenza, in quanto è in po¬ tenza? Possono per verità i Peripatetici sbracciarsi per difendere, e soste¬ nere chiarissima la definizione del lor Maestro; ma è vano ogni loro sfor¬ zo; quindi meritamente è rifiutata da tutti i moderni. 2. Pace i, ii, c. viii, § 3, 140-141 (Moto, §§ 2-3): Ma veggiamo di grazia ciò, che dicono essi per dare una per¬ fetta distinzione del movimento. Il moto, dicono i Cartesiani, si è un’applicazione successiva di un mobile a diverse parti de’ corpi, che a lui si avvicinano immediatamente: motus est applicatio successiva mobilis diversis partibus corporum propinquorum. Questa de¬ finizione è chiarissima, non può negarsi; ma osservate in che strano inconveniente precipitano i suoi autori. S’ella fosse vera, sarebbe altresì vero che un pesce trattenuto fisso, ed immobile nel mezzo della corrente di un fiume, sarebbe in un perpetuo moto; perchè sarebbe successivamente applicato a diverse parti dell’acqua, che lo toccassero im¬ mediatamente: all’opposito un pesce rappreso in un pezzo di ghiaccio, eh’è portato allo ’ngiù dalla corrente dell’acqua, sta¬ rebbe quieto, ed immobile, nè punto si muoverebbe. Or avvi cosa più stravagante, e più capace di mettere in ridicolo e la Filoso¬ fia, e i Filosofi medesimi? 3. Pace i, ii, c. viii, § 4, 141 (Moto, § 5): In altra guisa lo definiscono i Gassendisti. Egli è, dicono, un passag¬ gio del mobile da luogo a luogo con un continuo flusso: motus est tran- 425