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DISSERTAZIONE SOPRA LE DOTI DELLANIMA UMANA mentre un essere semplice non può perire per alcuna dissolu¬ zione di parti. Questo si è l’argomento di Marco Tullio, il quale nel primo libro delle Tusculane così si esprime. «In animi cogni- tione dubitare non possumus nisi piane in Physicis plumbei sumus quin nihil sit animis admixtum, nihil concretum, nihil copulatum, nihil coag- mentatum, nihil duplex. Quod cum ita sit, certe nec secerni, nec dividi, nec discerpi, nec distrahi potest: nec interire igitur. Est enim interitus quasi discessus, et secretio, ac direptus earum partium, quae ante interi- tumjunctione aliqua tenebantur». D’altronde sicuri possiam chia¬ marci della nostra immortalità e per la divina promessa, alla quale empiamente mostrano di prestar fede due famosi Mate¬ rialisti Saint-Evremond, e Voltaire protestandosi di arrendersi so¬ lamente ad essa, non potendo la ragione renderli persuasi della immortalità della loro anima, secondo essi si (361 esprimono, e per il premio, e la felicità, che necessariamente conseguir deb¬ bono i giusti, ed il gastigo, a cui soggiacer debbono i malvagj, e per la comune esperienza finalmente la quale ci mostra, che non riducendosi al nulla il corpo non dovrà certamente dal¬ l’Ente supremo esser ridotto al nulla lo spirito sostanza grande¬ mente più nobile del corpo medesimo. Questa verità però di¬ mostrata da sì evidenti ragioni si è quella, che più di ogni altra dispiace ai libertini, e meritamente secondo Lucrezio: 323