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DISSERTAZIONI MORALI seguenze, e non intorno ai principj, ma che la |631 sapienza ver¬ sa sì intorno a questi, che a quelle, e che questi, e quelle sono immutabili, necessarie, eterne, ed universali verità non appar¬ tenenti nè all’arte nè alla prudenza. Certo io desidererei più chiarezza in questa definizione. Sembra che Aristotele abbia in essa voluto proporre come un enigma, a sciorre il quale varie ipotesi furon proposte, ma niuna di queste giunse forse a colpir nel segno. Crederono alcuni, che Aristotele per questa sua sa¬ pienza intender volesse qualunque arte in sommo grado posse¬ duta. Altri argomentando dal pregio, in che egli mostrò sempre di tenere questa sapienza stimarono, che essa altro non fosse che un aggregato di tutte le virtù morali. Fuwi chi disse aver egli inteso parlare di un intelletto, e di una scienza unite insie¬ me in uno stesso soggetto ed ambedue nobilissime, e grandissi¬ me, il che sembra venir comprovato da quel luogo di Aristotele ove egli dice, che la sapienza è una scienza, e intelletto di cose per propria natura nobilissime. Alcuni finalmente riputarono aver voluto Aristotele additare nella sua definizione la metafi¬ sica, la quale versa intorno a cose (641 prestantissime di lor natu¬ ra, e non meno intorno ai principj, che alle conseguenze. Noi stimiamo fare a miglior senno nel non meschiarci in conto al¬ cuno nella soluzione di quest’enigma, e nel lasciare un tale as¬ sunto a degl’interpreti, o più animosi, o più felici di noi. 282