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DISSERTAZIONE SOPRA LA VIRTÙ MORALE IN GENERALE der l’esame della ragione malvagie dovrebbon dirsi la fame, e la sete, le quali spingon l’uomo a desiderare di mangiare, e di bere senza aspettare il giudicio della ragione il che sarebbe as¬ sai ridicolo affermare. E noi non consideriamo le passioni, che in quanto esse sono inerenti all’uomo, e non ad un essere di lui più perfetto, nè è nostro dovere rispondere a ciò, che dimostra la malvagità delle passioni togliendo all’uomo la sua essenza. Che se ci si opponesse esser le passioni [381 di propria natura cat¬ tive perchè traggono l’uomo a cose disoneste, noi risponde¬ remmo, che esse lo traggono ancora alle oneste, e che per con¬ seguenza la passione ossìa quella inclinazione, che trae l’uomo ad operare senza attendere l’esame della ragione non è di pro¬ pria natura cattiva. Fra cosi grandi difficoltà, e così forti ragioni sì dall’una, che dall’altra parte noi stimiamo miglior consiglio quello di rimanere indecisi ugualmente, che nella seconda del¬ le proposte questioni se possa cioè alcun’azione chiamarsi in¬ differente. Aristotele con non pochi de’ suoi seguaci stabilisce, che al¬ cune azioni posson dirsi indifferenti, il che egli di provar s’ar¬ gomenta in tal modo. Egli è, a suo dire, evidente, che l’azio¬ ne del camminare per cagion d’esempio qualora si spogli di tutte le sue circostanze nè si consideri in colui, che la fa non è nè onesta, nè disonesta, e per conseguenza indifferente. E qui interrompendo per poco il parlar d’Aristotele osserverem di passaggio, che una tal proposizione I39I non può certamente negarsi da alcuno degli awersarj, i quali non contendono sul¬ l’indifferenza di un’azione considerata in astratto ma bensì 261