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DISSERTAZIONI MORALI una sola volta ha reso ad altri ciò, che lor conveniva, o ha distri¬ buito i premj, e le pene a seconda dell’altrui merito? Vedesi adunque, che alcuno non può chiamarsi virtuoso se un abito non ha contratto a praticar la virtù, il che viene da Aristotele di¬ mostrato con altri più sottili argomenti, i quali non apportere¬ mo per non mancare alla prefissaci brevità. Posto adunque, che la virtù sia un abito, egli è assai chiaro, che il soggetto della vir¬ tù altri esser non può se non quegli in cui risiede un tal abito e per conseguenza l’uom virtuoso, ma non in quanto egli dorme, o mangia, o parla, ma solo in quanto, egli vuole, o è disposto a volere l’onesto. E quindi ancora si vede, che una delle proprie¬ tà della virtù si è che niuno può mai per natura possederla, giacché essendo la virtù un abito, e non potendo questo acqui¬ starsi se non per l’uso, il che è evidente l’uomo non [34! potrà mai essere per natura virtuoso. Altra proprietà della virtù si è, che essa non può dal virtuoso venir praticata se non con piace¬ re giacche ciascuno fa con piacere un’azione allorché opera per volontà libera, e per conseguenza praticando il virtuoso l’azion virtuosa per volontà libera dee necessariamente risentirne pia¬ cere. Finalmente la virtù non può esser praticata, che virtuosa¬ mente, giacché se per altro fine, che per se medesima venga praticata essa non sarà altrimenti virtù come si è dimostrato parlando dell’azion virtuosa. Può qui venir ricercato qual sia la materia della virtù, e se questa sia posta tra certi limiti ovvero 258